Bce: presto per ridurre gli aiuti

eurozona Ieri tassi giù per i titoli di Stato europei. A giugno il consiglio sul Pepp

di Francesco Ninfole

Fabio Panetta

È troppo presto perché la Bce riduca lo stimolo all’economia, considerando l’incertezza della ripresa economica e la distanza dall’obiettivo di inflazione nel medio termine. Lo ha evidenziato ieri Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo di Francoforte, allontanando così le pressioni dei falchi per un calo degli acquisti Bce nel terzo trimestre con decisione a giugno (come aveva suggerito per primo il governatore olandese Klaas Knot). I rilievi di Panetta hanno rassicurato gli investitori e hanno fatto scendere i tassi dei titoli di Stato decennali di circa 4 punti base nei principali Paesi dell’Eurozona: quelli tedeschi sono calati a -0,21%, quelli francesi a 0,15%, quelli italiani allo 0,92%. Lo spread Btp-Bund è rimasto a 112 punti.

I rendimenti dei bond sovrani avevano ripreso a crescere nelle ultime settimane dopo le parole dei falchi che avevano alimentato i timori di un tapering della Bce. Ma negli ultimi giorni la banca centrale si è posizionata su linee più accomodanti, come è emerso anche dai recenti interventi della presidente Christine Lagarde e del governatore francese François Villeroy de Galhau.

«Dobbiamo evitare di cantare vittoria prima del tempo», ha detto ieri Panetta in un’intervista a Nikkei, ricordando che il pil dell’Eurozona è inferiore del 5,5% rispetto al livello pre-crisi e di un ammontare ancora più alto rispetto al trend precedente alla pandemia. La disoccupazione sarebbe poi al 17% includendo anche i lavoratori scoraggiati e quelli che beneficiano di sostegni pubblici. «Un’uscita prematura dalle attuali politiche economiche espansive rischierebbe di soffocare la ripresa», ha sottolineato il membro del comitato esecutivo.

 

Il nodo principale per la Bce resta l’inflazione troppo bassa nel medio termine, al contrario di quanto temono i mercati con riferimento soprattutto agli Usa. Panetta ha sottolineato che in Europa l’incremento osservato negli ultimi dati è «transitorio», legato ai prezzi dell’energia, a effetti statistici e all’Iva in Germania. Ma l’inflazione di fondo è ancora allo 0,7% e le proiezioni Bce restano per un dato dell’1,2% nel 2022 e dell’1,4% nel 2023, lontano quindi dal target del 2%. «Mi preoccupa il fatto che l’inflazione rimarrebbe ben al di sotto del 2% lungo tutto il nostro orizzonte di riferimento. Ciò può minare la nostra credibilità, dopo anni in cui l’inflazione è rimasta al di sotto dell’obiettivo». Inoltre, ha aggiunto il membro del board, un’inflazione troppo bassa aggraverebbe il costo reale dei debiti pubblici e privati.

Alla luce di queste considerazioni è difficile ipotizzare un calo delle operazioni nel piano pandemico Pepp nel consiglio direttivo di giugno. «Soltanto un aumento duraturo delle pressioni inflazionistiche, che innalzi l’inflazione di fondo e riporti l’inflazione effettiva e attesa in linea con il nostro obiettivo, potrebbe giustificare una riduzione degli acquisti di titoli», ha detto Panetta. Ma «non è questo il quadro che emerge dalle previsioni che abbiamo pubblicato a marzo. E da allora non ho visto miglioramenti nelle condizioni di finanziamento o nelle prospettive dell’economia in grado di innalzare il profilo dell’inflazione». Al contrario, ha aggiunto Panetta, «stiamo osservando ulteriori, indesiderabili aumenti dei tassi di mercato» e «le condizioni di finanziamento stanno diventando meno favorevoli». In un tale contesto, «non sorprende che ci sia anche un apprezzamento persistente e non trascurabile del cambio dell’euro».

Rispondendo a una domanda su Knot, Panetta ha concluso: «Non mi sembra che le condizioni dell’economia giustifichino una riduzione degli acquisti. Una discussione al riguardo sarebbe pertanto prematura. Le nostre decisioni non possono essere influenzate da narrative provenienti dall’estero. Devono essere guidate da dati convincenti sull’area dell’euro».

Riguardo a quello che avverrà dopo marzo, quando è comunque prevista la fine degli acquisti netti del Pepp, Panetta ha ricordato che «l’inflazione rimarrà ben al di sotto dell’obiettivo anche dopo la fine della pandemia; dovremo quindi continuare a usare gli strumenti a disposizione per riportarla verso il 2%». Lo stato dell’economia sarà verificato «tra sei o nove mesi», mentre è «ragionevole considerare un orizzonte di circa due anni per una convergenza dell’inflazione verso il target».

 

Intanto riguardo al settore bancario ieri il Single Resolution Board ha reso noto che gli istituti europei hanno un deficit di 40 miliardi sui requisiti Mrel (5 miliardi per quelli italiani), che sono stati fissati in media al 26% dell’esposizione totale al rischio (includendo il combined buffer requirement). Il Srb potrà definire limiti nella distribuzione degli utili delle banche non in linea con i requisiti Mrel (quelli intermedi dal 2022, quelli finali dal 2024). Le restrizioni potranno essere indipendenti da quelle della Bce, con cui ci sarà comunque una consultazione. In Europa si confida comunque che il fabbisogno sarà colmato in tempo. Nel 2020 le banche Ue hanno emesso titoli Mrel per 275 miliardi, di cui 180 miliardi nel primo semestre. I costi di finanziamento sono stati lievemente superiori rispetto ai livelli pre-pandemia.

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Articolo tratto da “Milano Finanza” del 27/05/2021