Così le imprese familiari dribblano l’inflazione
Hanno reagito più prontamente e meglio delle altre al Covid. E oggi che attraversano un’altra crisi, che impatta sui prezzi, anziché, ridurre i costi di produzione o scaricare i rincari sui prodotti, potrebbero sviluppare strategie più complesse e cogliere nuove opportunità, nate dai cambiamenti in corso. Ecco come
dl Emanuela Notari, Active Longevity Institute
L’attività industriale italiana è in ulteriore flessione (la stima per il mese di maggio è di -1,4%), il che compromette le aspettative per la chiusura del secondo trimestre. La variazione acquisita della produzione industriale sarebbe di 0,6% rispetto al primo trimestre, in cui si era già registrato un calo di -0,9% rispetto al periodo ottobre dicembre 2021. Secondo i dati raccolti da Confindustria nel suo rapporto dei primi di giugno, “il deterioramento del clima di fiducia delle imprese manifatturiere (da 109,9 a 109,3 a maggio, in diminuzione per il sesto mese consecutivo) e il peggioramento nei giudizi sugli ordini e sui livelli di produzione (in progressivo calo rispettivamente da dicembre e gennaio) influiscono negativamente sull’attività produttiva delle aziende e sulle loro aspettative future”.
Sono molte le imprese che ritengono che la mancanza di materie prime e manodopera qualificata, i vincoli finanziari legati al rialzo dei tassi e il clima di grave incertezza energetica indotto dal conflitto in Ucraina non possano che sfociare in un aggravamento della situazione, già leggibile nel forte rallentamento a maggio del Pmi manifatturiero (da 54,4 a 51,9), indice dei responsabili degli acquisti di servizi che sopra 50 indica crescita, sotto 50 indica contrazione.
Eppure le piccole e medie imprese familiari, secondo gli esperti del settore che si raccolgono nel board di advisory del FamilyBusiness.org, avrebbero qualche chance in più di difendersi almeno dall’inflazione, con la stessa resilienza tutta specifica del settore che hanno mostrato durante la pandemia quando dalla quale si riprese rapidamente, pur avendo perso quanto le imprese non familiari. La ragione? La felice combinazione di snellezza e flessibilità fortemente connesse alle dimensioni ridotte, controllo emotivo degli imprenditori capostipiti che avevano visto ben altre crisi e non si sono fatti prendere dal panico ma anzi hanno fornito la loro preziosa collaborazione alla digitalizzazione.
I dati dell’Osservatorio italiano Aub infatti avevano mostrato che questa ripresa era stata anche migliore di quella del 2009, dopo la Grande crisi finanziaria. Inoltre, nel primo semestre 2021 le imprese familiari quotate vedevano un aumento di ricavi pari a quasi il doppio delle imprese non familiari (26,6% vs. 14,1%), una redditività pari al triplo (Roa 5,4% vs. 1,8 %) e una percentuale di procedure concorsuali o liquidatorie pari all’1,7 % nel 2021, meno della metà dello stesso dato nel biennio 2009-2010, che fu pari a circa il 4 %.
Anche negli Usa l’indice di ottimismo delle piccole e medie imprese è in caduta, con il 30% delle stesse che considerano l’inflazione il problema e il 60 % che ha dovuto ritoccare al rialzo i prezzi di vendita dei propri prodotti per far fronte al rialzo dei costi di produzione e approvvigionamento. La domanda allora sorge spontanea: come difendersi dall’inflazione per affrontare anche questa nuova crisi? Ed è la stessa domanda posta in un’indagine condotta da Kimberly Eddlestone della Northeastern University per Nfib, l’associazione delle pmi statunitensi, ad alcuni membri del board di advisors del FamilyBusiness.org, di cui fa parte anche il nostro Alfredo De Massis, Direttore del Centre for Family Business Management, dell’Università Libera di Bolzano.
“È normale che in un clima così pesantemente inflattivo un’impresa cerchi di reagire riducendo i costi di produzione e alzando i prezzi dei suoi prodotti”, commenta a We Wealth il professor De Massis, “per non dover scegliere l’opzione residua di veder ridurre i margini. Ma questo vale per le aziende tout-court. Le pmi familiari hanno delle caratteristiche esclusive che possono suggerire strategie diverse e più complesse. Prima di tutto potrebbero far leva su quel tesoro di valori familiari che il pubblico riconosce nel brand e che ancora fanno la differenza, anche in termini di prezzi. Poi potrebbero sfruttare di nuovo il vantaggio che la dimensione offre in termini di flessibilità e tempi rapidi di reazione. Come tutte le crisi anche l’inflazione ha la sua faccia di opportunità.”
Un po’ come durante il Covid, flessibilità e reattività sono state la chiave della ripresa del mercato produttivo e industriale familiare. Ma questo riguarda il come. Quanto al cosa, ci aiuta a capire in quale direzione possono portare la prua le circa 11.803 imprese familiari italiane, di cui 6.721 di piccole dimensioni (dati Osservatorio AUb 2019)?
“Per esempio potrebbero cogliere l’occasione per riposizionare il brand con un’iniezione extra di quei valori familiari che il pubblico è disponibile a riconoscergli e ragionare in termini strategici e tattici insieme sul portfolio prodotti. Potrebbero sfruttare la propria flessibilità per introdurre innovazioni di prodotto e /o di range, magari un prodotto a basso prezzo per rispondere alle esigenze di risparmio di quella parte dei loro consumatori che non vogliono perdere o, paradossalmente, un premium price utile come intervento tattico per riequilibrare il valore percepito della gamma. L’economia comportamentale insegna che l’entrata in campo di un’opzione di più alto prezzo, riposiziona la via di mezzo che prima era premium.”
Qualcuno tra gli esperti interpellati ha anche osservato come spesso la riluttanza ad accedere a finanziamenti da parte delle aziende familiari conduca in questi momenti di crisi a perdere opportunità di acquisizioni a prezzi di svendita di imprese che nel tragitto hanno perso la loro competitività. Altri hanno posto l’accento sull’importanza, per chi guida l’azienda, di ridimensionare le aspettative di profitto degli shareholder non operativi che spesso in queste situazioni entrano in conflitto con quelli operativi in azienda, presentando aspettative di un aumento dei dividendi per compensare l’inflazione. Interesse individuale vs interesse aziendale. In questi momenti investire nell’innovazione può garantire non solo l’uscita dalla crisi ma anche la tenuta futura del business. Ciò nonostante molte aziende preferiscono salvaguardare il tenore di vita dei familiari intervenendo sull’entità dei dividendi. Un po’ come se il proverbiale equipaggio danzante di una nave in difficoltà, non solo continuasse imperterrito a ballare ma si spartisse l’argenteria.
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Articolo tratto da “We Wealth” n° 49 di Settembre 2022