Fmi: Usa e Cina perdono colpi Più inflazione e meno crescita

Sugli Stati Uniti pesa il flop del piano Biden, su Pechino la strategia «Zero Covid»
Per l’Italia, Pil in aumento del 3,8% nel 2022 e stime tagliate dello 0,4%

Il Fondo monetario internazionale abbassa dello 0,5% le previsioni sulla crescita mondiale per il 2022, portandole al 4,4%, contro il 4,9% indicato a ottobre. L’aggiornamento del World Economic Outlook, rilasciato ieri, vede la forte frenata di Stati Uniti e Cina. È in gran parte l’effetto della variante Omicron, che ha spinto a reintrodurre misure restrittive. La vicedirettrice dell’Fmi, Gita Gopinath, avvisa che le ripercussioni dell’esplosione dei contagi si trascineranno nei primi tre mesi dell’anno, per cominciare a riassorbirsi in primavera.

La moderazione della crescita mondiale, dopo il rimbalzo del 2021 (5,9%), continuerà l’anno prossimo, con un aumento del Pil del 3,8%. Sarà invece più persistente del previsto la fiammata dell’inflazione: i prezzi si raffredderanno nel 2023, se le aspettative resteranno «ancorate».

Nuove varianti e ulteriori intoppi nelle supply chain sono i fattori che possono indebolire lo scenario. Secondo i tecnici del Fondo, le difficoltà nella distribuzione delle merci hanno ridotto dello 0,5-1% il Pil mondiale nel 2021, hanno fatto salire dell’1% l’inflazione core e sono un’ipoteca sulle prospettive di crescita. A queste incognite, che accompagnano l’economia dalla comparsa del Covid, si sono aggiunte la volatilità dei prezzi dell’energia e le tensioni geopolitiche. In particolare, i rischi di conflitto in Ucraina.

La fiammata dei prezzi ha costretto la Federal Reserve ad accelerare la normalizzazione delle politiche monetarie. È negli Stati Uniti, del resto, che i rischi d’inflazione sono più consistenti: il calo della disoccupazione (in un contesto di partecipazione al mercato del lavoro ancora bassa) è accompagnato da un aumento negli stipendi, che potrebbe riversarsi sui prezzi. In circostanze così incerte, ribadisce l’Fmi, ricade sulla Fed la responsabilità di comunicare in modo chiaro e tempestivo la propria posizione ai mercati, per evitare reazioni scomposte e fughe dal rischio. Ne farebbero le spese per primi i Paesi più indebitati, a cominciare dagli emergenti.

Intanto l’economia Usa perde slancio anche per il flop del Build Back Better, il piano su welfare e clima proposto dal presidente Joe Biden ma bloccato dal Congresso. Secondo l’Fmi, dopo il rimbalzo del 5,6% nel 2021, la crescita degli Stati Uniti sarà del 4% nel 2022 e del 2,6% nel 2023. Per l’anno in corso, il taglio delle previsioni rispetto a ottobre è dell’1,2%.

Riviste al ribasso anche le stime sulla Cina: dopo l’8,1% del 2021, il Pil frenerà al 4,8% quest’anno, lo 0,8% in meno rispetto alle previsioni di ottobre. Pechino sconta la crisi dell’immobiliare e la drastica politica Zero Covid, con restrizioni severe alla minima ricomparsa dei contagi. Due incognite che dalla Cina incombono sull’economia globale, avvisa l’Fmi. La strategia Zero Covid potrebbe esacerbare le difficoltà nelle catene globali di approvvigionamento e logistica. Dall’altro lato, se la crisi dell’immobiliare si espandesse ad altri settori, «le ripercussioni sarebbero ampie».

L’Eurozona ha a sua volta subito l’impatto della variante Omicron. La correzione è forte soprattutto per la Germania, più esposta agli shock sulle supply chain. Il Pil tedesco nel 2022 dovrebbe crescere dello 0,8% in meno rispetto alle stime di ottobre e fermarsi al 3,8%, comunque in accelerazione rispetto alla moderata crescita del 2021 (2,7%). L’Eurozona nel suo complesso contiene i danni, con un Pil in aumento del 3,9% nel 2022, lo 0,4% in meno rispetto alle precedenti stime.

Giù dello 0,4% anche le stime sul Pil italiano, che nel 2022 dovrebbe attestarsi al 3,8%. Meglio del previsto il 2023, quando la crescita dovrebbe essere del 2,2%, lo 0,6% in più rispetto alle stime. Esaurito il rimbalzo del 6,2% stimato dall’Fmi per il 2021, la crescita torna a tendere al compassato ritmo pre-pandemico.

Il Fondo rimarca infine l’iniqua distribuzione dei vaccini: «Solo il 4% della popolazione dei Paesi a basso reddito è completamente vaccinato, contro il 70% nei Paesi ad alto reddito». Più a lungo il virus circola, «maggiore è la probabilità di nuove mutazioni», avvisa l’Fmi. All’inizio del terzo anno di pandemia, il bilancio delle vittime è salito a 5,5 milioni di morti e le perdite economiche che si accumuleranno fino al 2024 sono vicine ai 13.800 miliardi di dollari, rispetto alle previsioni pre-Covid. Nel 2021 c’erano già 70 milioni di poveri in più, sempre rispetto al trend pre-Covid.

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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 26/01/2022