Il miglior investimento è quello su se stessi,ecco perché serve l’educazione finanziaria

di Marco Mizzau*

Albert Einstein

Padre ricco e Padre povero di Robert Kiyosaki e Pensa ed arricchisci te stesso di Napoleon Hill sono due libri di educazione finanziaria che dovrebbero essere regalati da qualsiasi genitore al proprio figlio e letti entro i 16 anni. Il nostro attuale sistema educativo si pone ancora come obiettivo primario quello di formare i giovani, dopo molteplici anni di studio, per permettere loro di trovare un buon lavoro da dipendente e ottenere un buono stipendio. Entrambi i «buoni» traguardi, un tempo automatici con la laurea, sono ora delle chimere. Se è vero che sul fronte ambientale, dal 2000 a oggi, il consumo di combustibili fossili è sceso solo dell’1%, e il valore assoluto dei consumi energetici del 30%, sul fronte lavorativo, nel medesimo arco temporale, la prospettiva per un brillante laureato in Economia (che una volta già prima della tesi veniva intercettato per un entry level da quadro), si è trasformata nella speranza di assunzione come stagista in una grande azienda. In soli venti anni, insomma, là dove occorreva un’accelerazione, una spinta verso una trasformazione non vi è stata, dove invece era auspicale almeno un mantenimento, è cambiato tutto. Poi di colpo è arrivata la pandemia, che ci ha ricordato che di sicuro non c’è assolutamente nulla, se non la nostra capacità di reagire per rimettersi rapidamente in sella. 

Albert Einstein diceva «adversity introduces a man to himself», ovvero sono le difficoltà che fanno scoprire a ognuno di noi quale sia veramente la nostra attitudine, il nostro carattere. Mai come oggi è necessario fare bene le cose con un approccio «out of the box», cioè vedere le situazioni da una prospettiva totalmente nuova. Un imperativo imprescindibile soprattutto per la Generazione Z (i nati tra il 1996 e il 2010) che, a differenza dei Millennials (i nati tra il 1981 e il 1996) i quali godranno di facilitazioni derivanti dall’eredità dei genitori (Baby Boomers), dovranno riuscire ad accumulare ricchezza basandosi solo sulle loro forze. Loro hanno altresì il potenziale per diventare l’arma vincente dei mercati (emergenti) e avere un impatto radicale su e-commerce, new media, pagamenti digitali e temi Esg. Tornando ai due classici di educazione finanziaria, Kiyosaki e Hill ci spiegano essenzialmente che il figlio di un ricco diventerà quasi sicuramente ricco anche lui, mentre il figlio di un povero sarà con ogni probabilità condannato a restare povero. E ciò avviene non perché i ricchi lasciano beni e denaro ai propri figli, ma poiché offrono loro qualcosa di ben più importante: una buona educazione finanziaria unita a un’attitudine mentale imprenditoriale nel fare le cose. Quindi, investire il prima possibile nella propria intelligenza finanziaria è fondamentale, così come riuscire a sviluppare il prima possibile un’abitudine a considerare la propria persona come un’azienda, che per crescere e fatturare deve investire su lavoro, relazioni e formazione. Ricordiamoci che in un mercato aperto del lavoro in teoria si è remunerati in proporzione diretta alla domanda per l’attività che svolgiamo, alla capacità nello svolgerla e alla difficoltà nell’essere sostituiti. Un consiglio pratico per costruirsi un futuro e una pensione (complementare) è quello di sviluppare quanto prima l’atomic habit di destinare, fin dalla laurea, una misura pari al 10% circa del proprio reddito ai fini previdenziali nel rispetto della logica del «pay yourself first». Questo approccio annulla quel senso di senso di vuoto, di un qualcosa di sottratto dalla generazione che ti ha cresciuto, di un miraggio che spesso la sola parola «pensione» trasmette ai giovani. Maggiore è l’orizzonte temporale che si ha davanti, minore sarà il sacrificio da sostenere. Più avanti si va, invece, più si dovranno destinare cifre estremamente più alte per «recuperare». I veri constraints per i giovani sono però anche di natura strutturale, afferenti il mercato del lavoro ed il sistema pensionistico. Per la prima volta hanno meno prospettive dei genitori: la generazione più istruita di sempre con i più alti tassi di disoccupazione. Praticamente quello che è successo nel 2008, negli Usa, con la crisi finanziaria. Se da una parte è innegabile che il risparmio sia nel dna degli italiani, nei giovani permangono scarsità di accumulo, difficoltà, mancanza di pianificazione o timore di soccombere alla volatilità e tutto questo genera atteggiamenti di rinvio o procrastinazione. Il tasso attuale di adesione a forme di previdenza complementare varia oggi tra il 21 e 31%, a seconda che si prendano i dati Covip o quelli di Insurance Europe, spesso soprattutto grazie alla spinta dei sindacati e/o del datore di lavoro in una azienda medio-grande. Per non soccombere ai problemi strutturali, a livello personale occorrono volontà, disciplina, diligenza, perseveranza e determinazione. E qui torniamo ai due saggi citati in apertura. Il paradosso informativo è che, se si hanno queste qualità, sul web si trova di tutto per imparare e crescere, a volte addirittura a costo zero. Chiaramente lo Stato deve fare la sua parte e non può sottrarsi nell’assicurare la sostenibilità del sistema sociale, garantendo contributi e incentivi con crediti d’imposta, per gli under 35, in misura pari al contributo annualmente versato al fondo pensione, benefici fiscali per chi opera investimenti sostenibili, incentivi fiscali e rimozioni delle tasse sul capital gain. E gli operatori? Ormai, le piattaforme web sono strumenti imprescindibili. Se ieri il digitale era una opzione, oggi è una necessità. Per questo è necessario rendere più efficiente l’offerta previdenziale anche da questo punto di vista. Ma anche rendere trasparente e possibile la comparazione dell’offerta di soluzioni come si fa per polizze e mutui, offrire linee green ed abbinare coperture assicurative gratis. L’attenzione si sta infatti spostando dal tema «pensione» alla long term care, all’assistenza (fondi sanitari) e al welfare aziendale. All’estremo opposto degli under 35 c’è infatti l’economia d’argento che, se fosse uno Stato sovrano, sarebbe la terza potenza economica mondiale, subito dopo Stati Uniti e Cina. Oggi in Italia, dove nel 2050 la quota di over 65 sul totale della popolazione potrebbe toccare il 37%, la silver economy vale 200 miliardi di euro e può diventare volano di iniziative rivoluzionarie per quei distretti in grado di rimettersi in gioco in maniera innovativa. 

Anche noi investitori istituzionali dobbiamo fare la nostra parte sulla scia di un modello che preveda più industria e meno finanza, in grado di intercettare imprese che vogliono espandersi e operatori che abbiano ambizioni di crescita e valorizzare di più le operazioni di sistema, tramite l’aggregazione di team di private equity. 

Il momento non sarà mai quello giusto. Inizia dove ti trovi e lavora con gli strumenti che hai a tua disposizione, strumenti migliori li troverai lungo la strada. (Napoleon Hill)

* direttore generale Inarcassa

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Articolo tratto da “Milano Finanza” del 16/06/2021