Il Sorpasso – le Aziende Familiari corrono più delle altre

Nel biennio del Covid hanno vinto per ricavi, redditività e occupazione
Resta il nodo dei board con pochi giovani e donne.

di Alessandra Puato

Se servisse una conferma, eccola dai dati: le aziende familiari italiane hanno superato la crisi Covid meglio delle altre. Si sono dimostrate più solide sul piano della redditività, più attrezzate. In generale, negli ultimi dieci anni si sono rafforzate. Merito sia del passaggio generazionale sia della gestione prudenziale che ha consentito loro, in gran parte dei casi, di trattenere risorse per affrontare le difficoltà. La transizione ancora incompleta è quella alla diversity, la rappresentanza di donne, giovani e persone esterne alla famiglia nei consigli d’amministrazione. Lavoro per la prossima fase. Lo dice la 14sima edizione dell’Osservatorio Aub (Aidaf, Unicredit, Bocconi) che con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di commercio di Milano monitora le aziende familiari italiane con oltre 20 milioni di ricavi. In un momento in cui l’inflazione trabocca (+8,1% a dicembre 2022 in Italia e +9,2% nell’area euro) e apre la seconda crisi in tre anni dopo quella del Covid («È troppo alta, siamo determinati a riportarla al 2% con tutte le misure necessarie», ha detto il 19 gennaio Christine Lagarde, presidente Bce), l’analisi è una base d’ottimismo per il sistema Italia, visto che le aziende familiari sopra i 20 milioni di ricavi sono il 65% (11 mila 635) di tutte le imprese italiane omologhe, nota la ricerca. «Le aziende si sono ammodernate, le famiglie imprenditoriali sono ora più dinamiche dice Francesco Casoli, presidente dell’Aidaf e di Elica -. L’Italia comincia a non essere più il fanalino di coda».

I conti

Secondo il rapporto, che verrà presentato in Bocconi lunedì 3o gennaio e L’Economia del Corriere della sera anticipa, nel 2021 le aziende familiari italiane (8 mila 589 i gruppi analizzati) hanno avuto un aumento dei ricavi del 20% rispetto al 2020 con un indice di crescita pari a 243 (fatto 100 il 2010), superiore a quello delle non familiari (indice 222). A salire di più nel 2019-2021 sono stati i ricavi dei settori energia, costruzioni e commercio all’ingrosso, in coda la vendita di auto. Fra le regioni, in testa Marche e Lombardia. Anche la redditività netta è aumentata: per le aziende del campione, nel 2021 ha superato quella del 2019 con un Roe (il ritorno sul capitale) salito dal 13% al 13,6% (contro 1’117% nelle aziende non familiari). Nei due anni l’occupazione è cresciuta: +3,8% (+2,3% le aziende non familiari). Ed è sceso il livello d’indebitamento: il rapporto fra la posizione finanziaria netta e il margine operativo lordo cala da 4,6 volte a quattro. Le aziende familiari con una situazione finanziaria problematica sono poi diminuite non solo nel biennio (il 24% nel 2021 contro il 30% del 2019) ma anche nei dieci anni (erano il 38%). Merito, chiaro, anche degli interventi governativi di sostegno al credito, dell’agevolazione dei finanziamenti bancari per chi investe. Resta però il quadro positivo, più che per il resto delle imprese. «I tempi di superamento della crisi Covid sono stati più veloci di quanto ci aspettavamo, ne siamo usciti meglio di come vi siamo entrati – dice Casoli. Ora stiamo ripiombando in un momento difficile per la crisi energetica, la carenza di materie prime, l’inflazione. Ma le aziende familiari italiane sono più pronte di altre ad affrontarlo perché si sono rafforzate». «L’Osservatorio Aub conferma che, nel biennio 2021-22, la ripresa dell’Italia è stata molto più rapida rispetto a crisi del passato e che le aziende familiari italiane sono state la forza trainante del made in Italy – dice Massimiliano Mastalla, capo Wealth & large corporates UniCredit -. Questa dinamica è emersa anche dal nostro punto di osservazione».

I consiglieri

Anche nel primo semestre del 2022, per il quale l’Osservatorio considera soltanto le aziende familiari quotate, gli andamenti sono positivi: +35% i ricavi dal primo semestre 2021 (contro il +31% delle quotate non familiari), +8,2% l’occupazione (5,8%), +8,3% il Roe (+0,9%). E «la capacità di ripagare il debito è superiore ai livelli pre-Covid», dice la ricerca. «Il Covid ci ha fatto capire che in momenti di grande stress si può crescere anche se l’economia si restringe – dice Casoli. Noi imprenditori siamo cambiati». Resta il nodo della diversity: l’accoglimento di donne, giovani ed esterni alle famiglie nei consigli d’amministrazione. Quattro i risultati dell’Osservatorio. 1) Soltanto nel 24,6% delle aziende familiari considerate una su quattro c’è almeno un consigliere con meno di 4o anni (dato 2020, era il 47% dieci anni prima: una spiegazione data è l’invecchiamento della popolazione). 2) La soglia del 33% di donne nel board, prevista per le quotate dalla legge Golfo Mosca, è superata nel campione totale in poco più di un’azienda su tre, il 37,6%: un aumento di nemmeno tre punti nei dieci anni (nel 2010 era il 34,4%). 3) Cresce di più, in compenso, la quota di chi ha in consiglio almeno un componente esterno alla famiglia (60,1% contro 54,3%). 4) E nella stragrande maggioranza (il 91,9%) dei casi i consiglieri di oltre 75 anni sono meno di due. Questi quattro punti sono soddisfatti tutti insieme solo da 344 gruppi familiari sugli oltre 8 mila analizzati. Poche le differenze, se può consolare, con Francia e Germania. Per colmare il ritardo sono pronte le bozze del disegno di legge Aidaf che chiede fra l’altro la presenza di un consigliere sotto i 40 anni in tutti i board.

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Articolo tratto da “L’Economia del Corriere della Sera” del 23/01/2023