Imprese&Lavoro-Ricavi cresciuti del 20% Le imprese familiari corrono più delle altre
di Guido Lombardi
Ricavi cresciuti del 20%. Le imprese familiari corrono più delle altre
Oltre la crisi del Covid più rapidamente secondo i dati di Aidaf. Binda (Cna): «Con la pandemia il territorio è tornato un elemento di solidità»
L’85% delle imprese italiane è di natura familiare ed incide per i116% sul Prodotto interno lordo nazionale per un fatturato complessivo annuo di circa 260 miliardi. I dati sono forniti da Aidaf, l’associazione delle imprese familiari parte di Fbn, Family Business Network, istituzione a livello internazionale che raccoglie 3.210 aziende guidate da famiglie, con più di 10.300 associati in 58 paesi nel mondo. L’obiettivo di Fbn è consentire un continuo scambio di esperienze e best practice internazionali per contribuire alla formazione delle nuove generazioni delle famiglie imprenditoriali.
L’osservatorio
Il rapporto realizzato in occasione della 14esima edizione dell’osservatorio Aub (costituito da Aidaf, Unicredit e Bocconi), organizzazione che monitora le aziende familiari italiane con 20 o più milioni di fatturato, evidenzia come le aziende italiane a conduzione familiare abbiano superato la crisi pandemica meglio delle altre. Questa capacità di resistere alle conseguenze dello tsunami Covid dipende dalla prudente gestione delle risorse e dall’efficacia dei passaggi generazionali, che hanno permesso alle aziende di ammodernarsi e diventare più dinamiche.
«Gli imprenditori sono cambiati, la pandemia ci ha fatto capire che nei momenti di stress si può crescere» afferma Francesco Casoli, presidente dell’Aidaf. Nel 2021 le aziende famigliari italiane hanno infatti aumentato i ricavi del 20% rispetto al 2020, con un indice di crescita superiore (+243, fatto 100 il 2010) rispetto a quello delle non familiari. Il livello di indebitamento è invece sceso e sono così diminuite anche le realtà con situazioni finanziarie problematiche. «L’osservatorio conferma che, nel biennio 2021-22, la ripresa dell’Italia è stata molto più rapida rispetto a crisi del passato e le aziende famigliari sono state la forza trainante» sottolinea Massimiliano Mastalia, capo wealth & large corporates di Unicredit.
Nel mondo delle imprese familiari, quelle che hanno ottenuto le migliori performance nel periodo 2019-2021 sono operative nei settori energia, costruzioni e commercio all’ingrosso. Fra le regioni, in testa ci sono Lombardia e Marche.
Oltre al fatturato, anche la redditività netta è aumentata: nel 2021 ha superato infatti quella del 2019 con un Roe (il ritorno sul capitale) salito dal 13% al 13,6% (contro il +11,7% delle aziende non famigliari). Nei due anni l’occupazione è cresciuta: +3,8% (+2,3% le aziende non famigliari). In contrazione, invece, il numero di aziende famigliari con problemi di natura finanziaria: erano il 24% nel 2021 contro il 30% del 2019 ed il 38% del 2011. Un quadro quindi positivo, anche in questo caso migliore rispetto alla media delle imprese, segno di una progressione che non può dipendere solo dalle politiche di sostegno al credito portate avanti dai governi negli ultimi anni.
«Il tema della natura familiare delle imprese – spiega Stefano Binda, segretario della Cna della Lombardia – ha rischiato spesso di essere percepito come un problema, ad esempio come una fonte di deficit di managerializzazione. La pandemia e la crisi energetica – continua Binda – hanno invece cambiato il mondo: il territorio è tornato alla ribalta non solo come valore, ma come
fattore di solidità e di ancoraggio».
Ecco perché, secondo il segretario della Cna regionale, «una conduzione familiare adeguatamente corredata di cultura manageriale è una formula vincente in quanto l’impresa non viene sacrificata alla logica del capitale che trasloca da un punto all’altro del globo».
Primo semestre
Anche nel primo semestre del 2022, per il quale l’osservatorio Aub considera soltanto le aziende familiari quotate, gli andamenti sono positivi: +35% i ricavi rispetto al primo semestre 2021 (contro il +31% delle quotate non famigliari), +8,2% l’occupazione (contro +5,8%), +8,3% il Roe (+0,9% perle quotate non famigliari).
«L’impresa – afferma ancora Stefano Binda -, che è sempre impresa sul territorio, resta al centro delle cure, delle passioni, della professionalità dell’imprenditore, il quale fa di tutto per tenere duro, rigenerare, rilanciare, anche attingendo al patrimonio personale e familiare: nel tempo, questi valori e questa identità pagano».
Fattore accoglienza
Secondo i dati dell’osservatorio, c’è tuttavia un criticità rilevante che interessa le imprese familiari: riguarda la capacità di accogliere donne, giovani e figure esterne alla famiglia all’interno dei board. Infatti, solo nel 24,6% delle aziende familiari parte del campione c’è un membro del consiglio di amministrazione con meno di quarant’anni. Inoltre solo nel 37,6% delle imprese viene superata la soglia del 33% di donne nei cda, prevista per legge per le aziende quotate. In crescita, invece, il numero di società familiari che accolgono in consiglio un membro esterno alla famiglia, ma il 40% del campione ha un cda costituto esclusivamente da componenti del nucleo familiare.
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Articolo tratto da “La Provincia” del 30/01/2023