Investimenti al tempo di guerra: come proteggere i propri risparmi

Mai lasciarsi guidare dall’emotività. Tornano alla ribalta strategie diversificate per sfruttare le potenzialità dei mercati riducendo il rischio

di Andrea Gennai

Due anni fa la pandemia e oggi la guerra in Ucraina. Sempre nel mese di febbraio. Dopo poche settimane dall’inizio dell’anno il quadro economico internazionale viene stravolto da un evento non previsto. L’onda lunga contagia i mercati finanziari e in particolare quelli azionari che vedono esplodere la volatilità: violente discese, spesso seguite da rimbalzi. L’investitore è colto di sorpresa, sale l’ansia. Cosa fare? Nessuno ha la bacchetta magica, ma sicuramente la soluzione peggiore è quella di prendere decisioni sui portafogli nel corso di un evento del genere.

Due anni di rally: e ora?

Diciamo la verità. Siamo reduci da quasi due anni di rialzi ininterrotti sui mercati azionari dopo il crollo post pandemia: questa ubriacatura da rally, con l’indice S&P 500 raddoppiato in un lasso di tempo relativamente breve, ha trasformato molti investitori in avidi speculatori. L’investimento deve avere per sua natura un orizzonte di medio e lungo termine con la capacità di sopportare drawdown (perdite dai massimi) in base alla propria propensione al rischio. Quello che sta accadendo oggi sui listini internazionali è una correzione, che peraltro era iniziata dai primi giorni dell’anno e che si è accentuata nelle ultime settimane con la crescente tensione tra Russia e Ucraina.

Portafogli “pigri”

Ancora una volta quanto accaduto dimostra che l’unico strumento che l’investitore ha per navigare le acque tempestose dei mercati è quella della diversificazione. Il principio del mettere le uova in vari panieri è l’unica soluzione visto che nessuno può prevedere il futuro. Tornano alla ribalta i lazy portfolio, i portafogli pigri: strategie di investimento diversificate con pochi ritocchi nel tempo, vedi ribilanciamenti, per sfruttare le potenzialità dei mercati riducendo il rischio. Uno dei più noti è il permanent portfolio ideato da Harry Browne negli anni 80. Il portafoglio investe il 25% in bond governativi a breve, il 25% in bond a lunga (oltre i 20 anni), il 25% in azioni e il 25% in oro. Storicamente è nato con gli asset Usa ma può essere rimodulato in chiave europea. Con gli Etf quotati oggi nel Vecchio Continente si possono acquistare asset in dollari (coprendo anche il rischio cambio se si desidera).

Questo portafoglio da inizio anno perde il 3,8% a fronte di un calo del 9% circa dell’indice S&P 500. Si tratta di una discesa significativa ma decisamente più contenuta, che è stata limitata grazie al rialzo dell’oro. Negli ultimi 10 anni il rendimento medio annualizzato di questo portafoglio è stato del 5,3%: un risultato non disprezzabile, partendo dall’assunto che l’investitore deve fare poco o nulla (se non ribilanciare) e attendere che il mercato esprima le sue performance.

Sempre seguendo questa filosofia tra le strategie più note c’è il “Golden butterfly portfolio” e l’”All weather portfolio”. Il primo prevede bond e oro ma ha un’esposizione azionaria più alta (40%) suddivisa tra big e small cap. Da inizio anno perde il 4%, fa peggio del permanent portfolio, ma ha un ritorno annualizzato del 7% nell’ultimo decennio. L’All weather invece ha un’esposizione più spiccata (55%) verso i bond a medio-lunga scadenza con l’inserimento delle commodity. Il fattore bond pesa e da inizio anno cede il 5,2% con un rendimento annualizzato del 6,7% nel decennio.

I drawdown

Le discese dai massimi dei listini sono fisiologiche e non devono spaventare chi appunto ha un’ottica di investimento di medio e lungo termine. L’indice S&P 500 negli ultimi 40 anni ha registrato un drawdown medio annuo del 14 per cento. Tra giovedì e venerdì scorso Wall Street è arrivata a perdere il 15% da inizio anno per poi recuperare vistosamente. Da un punto di vista statistico c’è anche da aggiungere che in ben 32 casi (su 42) l’indice ha poi chiuso l’anno in positivo recuperando tutte le perdite. Qualcuno sta già scommettendo su una pronta ripresa. Ma solo il mercato ci dirà. E la diversificazione è l’unica difesa.

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Fonte

Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 27/02/2022