Investimenti. L’inizio d’anno shock non muta le scelte

A Wall Street è stato uno dei mesi di gennaio peggiori della storia ma questo ha allarmato solo chi si muove in ottica di breve termine Oltre i dieci anni ci sono garanzie di rendimento sull’azionario

La sensazione è che il rialzo senza sosta dei mercati azionari post pandemia abbia anestetizzato chi investe. Disabituandolo alle dinamiche dei saliscendi. A gennaio anche oro e bond 7-10 anni Usa hanno chiuso in negativo e questo ha zavorrato quasi tutti i portafogli. Ma un mese non fa testo. Le dinamiche vanno sempre viste in un’ottica più ampia per evitare di fare scelte avventate.

Il fattore performance

«Il nostro cervello – spiega Fulvio Marchese, consulente finanziario – ragiona ancora oggi come quello dell’uomo primitivo secondo i principi base “dolore e piacere, paura e avidità” che mal si adattano alle oscillazioni finanziarie. Quando i mercati finanziari iniziano a scendere, purtroppo molti investitori si impauriscono e vendono ed è un grande errore che deriva dalla mancanza di una seria pianificazione. Eppure investendo correttamente e diversificando rischio sistematico, qualsiasi minusvalenza è sempre temporanea e sempre recuperabile».

Un’analisi di Compound su oltre 90 anni di storia dell’indice S&P 500, il più importante al mondo, rileva che investire nel breve espone a rischi sensibilmente più alti. Il passare del tempo è il miglior alleato di chi investe e sopra i 10 anni si ha il 94% di probabilità, quindi la quasi totalità, di avere un rendimento positivo. Ci sono fasi di mercato favorevoli e meno favorevoli.

Nel decennio 2000-2010 il rendimento medio annuo è stato molto deludente, ma questo nessuno può saperlo a priori. L’azionario è una delle componenti in portafoglio: ci sono poi le altre asset class da inserire in un’ottica di diversificazione che serve a mitigare i rischi e a controbilanciare le fisiologiche discese delll’equity.

Il fattore inflazione

Trasformare un risparmiatore in un investitore è un’operazione difficile ma necessaria per raggiungere il primo obiettivo fondamentale degli investimenti finanziari: preservare il nostro capitale dall’effetto inflativo. «Servono – continua Marchese – infatti oggi 140 euro (netti da imposte di capital gain) per avere il potere di acquisto di 100 euro del 1998. Occorre cioè aver performato con gli investimenti di oltre il 50% lordo negli ultimi venti anni per non aver perso. La paura di perdere soldi con le normali oscillazioni di breve termine, che sono una caratteristica e non un difetto dei mercati, e il mordi e fuggi speculativo non aiutano a portare rendimenti stabili nel tempo. Anzi».

I recenti fenomeni della gamification, delle criptovalute e di tutto quanto promette guadagni facili hanno un po’ alterato la percezione dei trend di mercato di lungo termine. Portare a casa una performance positiva reale nel tempo è un obiettivo non scontato ma oggi in molti tentano arricchirsi in breve tempo, spesso fallendo l’obiettivo primario e perdendo di vista ciò che conta finanziariamente nella vita.

Il fattore tempo

«Occorre – aggiunge Marchese – imparare a investire in un percorso che riguarda l’intera nostra esistenza partendo dallo studio statistico di quanto è successo nel passato. Analizzare e capire i vari mercati e soprattutto, secondo me, i loro recovery period, vale a dire il tempo necessario per recuperare i massimi precedenti sia per singola asset class che per intere costruzioni di portafoglio. Ad esempio nell’ultimo mezzo secolo all’oro sono occorsi 27 anni per rivedere i massimi degli anni 80, per l’equity mondiale oltre 13 anni dopo la crisi del 2000 e per i bond a lungo termine statunitensi e oltre 20 anni dagli anni 70 per recuperare. Non per questo non si utilizza oro, equity e long term bond per investire e costruire portafogli. Solo un portafoglio robusto ponderato con le asset class tradizionali e l’aggiunta sapiente di commodity e i Reits (società immobiliari), consente di muoversi con maggiore tranquillità ed equilibrio proprio per diminuire i tempi di recupero delle immancabili periodiche e momentanee discese dei mercati».

Sostanzialmente le statistiche suggeriscono che è il mercato nel suo insieme a dettare rendimenti e performances di lungo periodo e raramente l’abilità gestoria umana riesce a creare alpha superandoli. Il fattore tempo è imprescindibile e resta il miglior alleato dell’investitore che ha obiettivi chiari da portare a termine.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Fonte

Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 05/02/2022