La Ue pronta a colpire la casa

Dal 2027 una nuova direttiva vieterà di vendere o affittare gli edifici in classe f e g

di Teresa Campo

Nuova tegola in vista per il mattone tricolore. Nel tentativo di bruciare le tappe verso un approccio più green da parte dei singoli Paesi, la Commissione Ue prepara un giro di vite anche sugli immobili, colpendo quindi anche la casa: quelle che consumano più energia di fatto non potranno essere più né vendute né affittate, e questo già a partire dal 2027. Più in dettaglio, come già proposto per le auto diesel e a benzina che dal 2035 dovrebbero sparire dalla scena, stavolta nel mirino sono state messe le abitazioni a maggior consumo energetico, ovvero quelle in classe energetica F e G, ma via via toccherà anche le altre, con l’obiettivo finale che, entro il 2050, tutti gli edifici in Europa siano a emissioni zero. La quota di energia residua ancora necessaria dovrà essere coperta dalle rinnovabili. Per arrivarci la bozza della nuova direttiva Epbd (Energy performance of buildings directive) circolata in questi giorni, e che verrà presentata ufficialmente il 16 dicembre (si spera con qualche modifica) vieta da un lato agli Stati membri di incentivare sistemi di riscaldamento a fonti fossili, e dall’altro impone una tabella di marcia a dir poco accelerata per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici esistenti, pena il rischio che non possano più circolare. Entro il 2027 infatti quelli ancora in classe F e G non potranno più essere né venduti né affittati, e la stessa sorte dal 2030 toccherà a quelli in classe energetica E, per escludere poi dal mercato dal 1° gennaio 2033 tutti gli immobili di classe inferiore alla C. Leggermente più differiti i tempi per gli appartamenti in condominio (si fa per dire vista la maggiore complessità che devono affrontare per il varo dei lavori necessari): classe minima E dal 2030, D dal 2033 e C dal 2040. Il divieto di vendita potrà comunque essere superato se l’acquirente si impegna a raggiungere la classe energetica minima necessaria entro tre anni dalla stipula del contratto. Secondo la bozza, inoltre, gli Stati membri potranno prevedere deroghe per alcune tipologie di edifici: immobili tutelati, abitatati per meno di quattro mesi l’anno, stabilimenti industriali, edifici agricoli, luoghi di culto e costruzioni autonome inferiori a 50 metri quadri potranno infatti essere esentati dal divieto di vendita e affitto.

Ciò non toglie che, come sottolinea Confedilizia, il rischio paralisi del mercato sia di fatto dietro l’angolo perché i tempi e i costi per adeguare gli immobili sono notevoli: basta guardare alla complessità dei lavori necessari per migliorare le prestazioni energetiche di due classi come prevede il Superbonus, ancora più arduo il balzo di quattro classi (dalla F alla C). Il divieto di vendita o affitto porterà poi a una significativa riduzione degli immobili in vendita, con balzo dei prezzi di quelli in regola (e forte svalutazione di quelli privi dei requisiti minimi) e anche sui canoni di locazione. Ma non basta: anche il Superbonus potrebbe rivelarsi uno strumento insufficiente per raggiungere l’obiettivo: in primo luogo perché presto scenderà al 65%, ma soprattutto perché secondo Enea, a fronte di 9,6 miliardi di lavori oggi gli oneri ammontano a 10,5 miliardi, e coprono solo lo 0,5% del patrimonio immobiliare italiano. A questo punto è allora spontaneo domandarsi: come è possibile che Bruxelles proponga misure con effetti così devastanti? Purtroppo, come sottolinea Confedilizia, l’approccio europeo green, guidato dai Paesi del Nord che fanno i conti con climi molto rigidi, non tiene conto che le esigenze sono diverse nei Paesi più a sud. Non solo: non possiedono un patrimonio edilizio di portata storico-artistica analoga. E infine, anche hanno edifici più vecchi e meno efficienti, la proprietà privata è molto meno diffusa come avviene invece in Italia dove la casa è l’investimento primario delle famiglie. Che fare allora per impedire o limitare il disastro? «I gruppi parlamentari devono cominciare a organizzarsi per non arrivare impreparati, a una trattativa che sarà sicuramente difficile», conclude Confedilizia.

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Articolo tratto da “Milano Finanza” del 10/12/2021