Le politiche monetarie, fiscali e ambientali faranno tornare l’inflazione

di Innocenzo Cipolletta

Tornerà l’inflazione? È una domanda che riemerge dopo gli anni della deflazione, anni in cui abbiamo assistito al paradosso delle banche centrali impegnate a suscitare una dinamica dei prezzi più accelerata. E pensare che venivamo dagli anni della grande inflazione, grosso modo gli ultimi 30 anni del secolo scorso, sconvolti dal crollo del sistema dei cambi fissi e devastati dalle due crisi da petrolio che hanno generato il mostro della stagflazione, un mix terribile di inflazione a due cifre accompagnata da una crescita bassa, almeno a confrontarla con quella dei venti anni precedenti.
Allora eravamo convinti che l’inflazione fosse un fattore intrinseco e ineliminabile del processo economico. Oggi, dopo oltre venti anni di bassa o nulla inflazione, siamo altrettanto convinti che la deflazione sia una caratteristica strutturale dei nostri tempi e rifiutiamo di pensare che un processo inflazionistico possa tornare. Eppure, l’alternarsi di periodi di alta e bassa inflazione ci dovrebbe indurre a essere più cauti nel pronunciare sentenze definitive circa la sua scomparsa.
Siamo usciti dal ciclo dell’alta inflazione non già per un miracolo inspiegabile, ma grazie a politiche antinflazionistiche perseguite da tutti i Paesi, a forti innovazioni tecnologiche e a un processo di allargamento dei mercati che abbiamo chiamato globalizzazione. In particolare, la sconfitta dell’inflazione è dovuta all’avvento dell’era digitale e alla globalizzazione (due fenomeni intrinsecamente legati fra di loro). Di fatto, abbiamo assistito a un gigantesco aumento dell’offerta di beni e servizi unitamente al crollo dei costi di produzione grazie a nuovi processi produttivi e all’ingresso sul mercato di Paesi con costi di del lavoro infinitamente più bassi di quelli del mondo che esisteva prima della globalizzazione.
Se riteniamo che questi fattori abbiano giocato un ruolo importante nel generare il crollo dell’inflazione, quello che dobbiamo chiederci è se nei prossimi 20/30 anni essi continueranno a operare. La risposta non è positiva. Oggi non abbiamo più politiche convergenti contro l’inflazione: al contrario le politiche monetarie e quelle fiscali sono(giustamente) orientate a sostenere la crescita.

Contemporaneamente assistiamo a processi di deglobalizzazione e a politiche nazionalistiche che, complice la pandemia, si stanno facendo sempre più forti, fino a rasentare tentazioni autarchiche, seppure su basi continentali. Aveva iniziato Trump, ma Biden sembra continuare, visto che considera la Cina un avversario a cui negare l’accesso a specifiche tecnologie e da cui è bene ridurre la dipendenza. In tutti i Paesi sta tornando la febbre nazionalista e la parola reshoring (ossia il ritorno a casa delle produzioni delocalizzate in altri Paesi) è diventata un mantra e un obiettivo di politica industriale.
Al tempo stesso, le innovazioni tecnologiche stanno diminuendo in intensità, dopo l’esplosione del digitale, e si stanno spostando dall’area della domanda privata a quella della domanda pubblica, in termini di salute, sicurezza e altro. Inoltre, dopo la libertà che abbiamo concesso alle innovazioni in termini di nuovi servizi e nuove modalità di offerta, sta crescendo (giustamente) una forte domanda di regolazione – in termini di tutela dei lavoratori, della privacy, dell’esazione fiscale, della sicurezza – che inevitabilmente frenerà il processo innovativo.
Che dire, poi, del generale favore per le politiche ambientali, anch’esse necessarie e auspicate da tempo? Esse non potranno che comportare nuove regolazioni e nuove imposte per superare la dipendenza dall’energia fossile e per adeguarci a nuovi standard di produzione e di vita civile.
Tutti questi fattori stanno a indicare che ci avviamo verso un ciclo di aumento dei costi di produzione che difficilmente potranno essere assorbiti da progressi di produttività, sicché, all’auspicato tornare della crescita economica su ritmi maggiori, è da ritenere che l’inflazione possa riprendere a manifestarsi.
Certo, il ritorno non è atteso per domani e non sarà immediato, posta l’esistenza ancora di una buona capacità d’offerta non utilizzata dopo questa terribile pandemia. Ma non è improbabile che questi anni 20 del secolo finiranno per tornare a conoscere processi d’inflazione che pensavamo ormai aver superato per sempre. Non sarà un dramma perché già abbiamo convissuto con l’inflazione, comunque sarà bene pensarci per tempo per non trovarci impreparati.

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Fonte

Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 17/03/2021