Lina Khan alla guida dell’antitrust americano Big Tech nel mirino

La nomina di Biden. Docente di Legge alla Columbia, 32 anni, da sempre critica nei confronti della posizione dominante di Amazon, Facebook e altri

di Marco Valsania

“Tech critic”. Gran critica delle Big tecnologiche. Il biglietto da visita informale di Lina Khan, insediata dalla Casa Bianca alla guida della Ftc, l’authority antitrust americana, è sobrio ma non potrebbe essere più esplicito. La giovane docente di giurisprudenza della Columbia University, 32 anni, è salita alla ribalta per la sua crociata a favore di un aggressivo ammodernamento delle norme contro monopoli e concentrazioni nell’era digitale. Un’offensiva che ha preso di mira uno dei colossi più rappresentativi: Amazon. La quale dovrebbe essere spezzata, separando la piattaforma di e-commerce dal business retail.

L’agenda che attende Khan sarà subito fitta. La Federal Trade Commission della quale prende le redini sta già considerando ricorsi contro il gruppo di Jeff Bezos. Non solo: un’inchiesta è aperta sul social network Facebook e le sue acquisizioni di WhatsApp e Instagram.

Ma la repentina ascesa della 32enne accademica, la più giovane chairperson nella storia della Ftc, mostra anzitutto la priorità di lungo periodo data dall’amministrazione democratica di Joe Biden alla sfida dello strapotere di marchi che accanto a Amazon e Fb comprendono da Apple a Google di Alphabet.

Una sfida raccolta sotto le bandiere di una svolta intellettuale e non solo di immediata applicazione dell’antitrust. In questo sfrutta una preoccupazione diffusa – dalla privacy ai rischi di disinformazione e troppa influenza economica – divenuta in parte bipartisan e tradottasi di recente in cinque progetti di legge presentati alla Camera per circoscrivere l’influenza di Big Tech.

Khan garantisce inedita leadership a questo sforzo riformatore. «Il Congresso ha creato la Ftc per difendere una giusta concorrenza e proteggere consumatori, lavoratori e business onesti da pratiche ingannevoli e inique – ha twittato -. Sono pronta a far rispettare con forza questa missione». Più e prima del Congresso, sarà infatti la “sua” Commissione, forte di cinque esponenti che a ranghi completi comprende tre democratici e due repubblicani, a poter brandire interventi e stabilire il “tono” nella regolamentazione.

La stessa modalità dell’incarico a Khan, deciso dalla Casa Bianca a ridosso della sua conferma al Senato tra i commissari Ftc, ha destato scalpore e inviato un segnale inequivocabile: ha colto di sorpresa sia gli ambienti politici che aziendali, tra raffiche di reazioni contrapposte. Per il senatore democratico Amy Klobuchar la neo-presidente della Ftc, che condividerà con il Dipartimento della Giustizia i poteri antitrust, «ha immense capacità legali» e «fuori dalla routine», in grado di «fare i conti con le più grandi aziende che il mondo abbia mai visto». La sua collega progressista Elizabeth Warren ha aggiunto che con Khan esiste «un’enorme opportunità di cambi strutturali attraverso un rilancio dell’antitrust e la lotta contro monopoli che minacciano economia, società e democrazia».

Condanne, neppure velate, sono invece trapelate da leader tech. «In un momento di accresciuta concorrenza globale, un populismo antitrust provocherà danni auto-inflitti a vantaggio di rivali esteri e meno meritevoli», ha fatto sapere Aurelian Portuese, del centro sostenuto dal settore Information and Technology Innovation Forum. Un’altra associazione aziendale, NetChoice, si è detta «scoraggiata».

Nata a Londra in una famiglia pakistana, Khan da quando ha 11 anni vive negli Stati Uniti, dove si è laureata al Williams College (tesi sulla studiosa del totalitarismo Hannah Arendt) e poi legge a Yale. Prima dell’incarico a Columbia nel 2020, è stata responsabile legale dell’associazione anti-monopolistica Open Markets Institute.

Sotto i riflettori finì quattro anni or sono con un saggio intitolato “Amazon’s Antitrust Paradox”, il paradosso antitrust di Amazon, pubblicato sulla prestigiosa Yale Law Review. Era ancora studente all’università: sostenne la necessità di utilizzare nuovi criteri per valutare i danni anti-competitivi per i consumatori, abbandonando concezioni troppo legate all’effetto di rincaro sui prezzi, che considerava obsolete. Per Khan quelle misure ignoravano la realtà dell’economia contemporanea e dei suoi protagonisti hi-tech, che potevano operare in modo predatorio abbassando i prezzi per conquistare mercato.

Sotto accusa mise inoltre il controllo di un markeplace e la vendita sulla stessa piattaforma, vale a dire il modello-Amazon, che permette abusi dell’ecosistema e assalti a concorrenti. Sull’onda di queste posizioni Khan è divenuta in seguito presenza fissa nelle offensive antitrust: ha collaborato ad un vasto rapporto d’inchiesta della maggioranza democratica alla Camera, che ha di fatto apostrofato quali monopoli perniciosi anche per l’innovazione Amazon, Apple, Facebook e Google. E che ora ispira discussioni tra politici e regolatori sui breakup dei colossi.

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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 17/06/2021