L’inflazione resterà bassa a lungo
Esclusivo l’intervento di Lane, membro del board della Banca Centrale europea.
di Philip Lane*
La pandemia è innanzitutto una tragedia umana. Milioni di persone hanno perso la vita in tutto il mondo e molte altre hanno sofferto ammalandosi. Ma è stata anche uno shock economico di portata eccezionale, durante il quale le fluttuazioni nella diffusione del virus e le misure di distanziamento sociale adottate per contenerlo si sono riflesse in forti oscillazioni dell’attività economica. Ad esempio, il pil dell’area dell’euro è diminuito dell’11,6% nel secondo trimestre del 2020, è aumentato del 12,5% nel terzo trimestre per poi contrarsi nuovamente dello 0,7% nel quarto trimestre.
Non dovrebbe quindi sorprendere che il periodo della pandemia sia stato caratterizzato anche da una considerevole volatilità dell’inflazione. Nel corso del 2020 il tasso di inflazione è calato notevolmente, portandosi in territorio negativo negli ultimi mesi dell’anno, e sta ora registrando un’inversione in questi primi mesi del 2021. Al di là della variabilità di breve periodo, si prevede che nel 2020 e nel 2021 – gli anni segnati dalla pandemia – il tasso di inflazione sarà pari in media all’1% circa, un livello piuttosto vicino a quello del 2019.
La volatilità dell’inflazione nel periodo 2020-2021 è ascrivibile a una serie di fattori transitori che non dovrebbero incidere sulla sua dinamica a medio termine. In primo luogo, la pandemia è stata associata a un andamento significativo dei prezzi del petrolio, che sono scesi da circa 70 dollari all’inizio del 2020 a meno di 20 dollari a fine aprile 2020, per poi recuperare riportandosi attorno ai livelli di gennaio 2020.
In secondo luogo la pandemia ha determinato anche una riallocazione della spesa per consumi tra le diverse categorie, con un crollo della spesa per turismo, viaggi e ospitalità e, per contro, un aumento di quella associata ai beni per la casa, tra cui alimentari e attrezzature per lavorare, studiare e praticare attività fisica in casa. Dato che l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Iapc) è riponderato ogni anno a gennaio per tenere conto della composizione della spesa nell’anno precedente, lo Iapc del 2021 assegna un maggior peso ai settori che hanno evidenziato un incremento della spesa (e quindi maggiori pressioni sui prezzi) nel 2020 rispetto ai settori che hanno mostrato un netto calo (e pertanto minori pressioni sui prezzi). La sola riponderazione dello Iapc ha rappresentato 0,3 punti percentuali dell’aumento dell’inflazione a gennaio.
In terzo luogo, alcuni governi hanno introdotto riduzioni temporanee delle aliquote Iva che hanno esercitato effetti transitori sull’inflazione: nel 2020 una diminuzione e poi nel 2021 un aumento, con il venire meno di queste misure.
In quarto luogo, la volatilità dell’inflazione è stata alimentata anche dallo spostamento delle date dei saldi stagionali. Ad esempio, i saldi dell’abbigliamento e delle calzature sono stati anticipati da gennaio a dicembre in Germania e posticipati in Italia e Francia.
Al di là della volatilità di breve periodo, il tasso di inflazione a medio termine dovrebbe restare contenuto in un contesto di persistente debolezza della domanda e notevole capacità inutilizzata nei mercati del lavoro e dei beni e servizi. Le proiezioni degli esperti della Bce indicano che l’inflazione annua complessiva tornerebbe a scendere all’1,2% nel 2022 per poi raggiungere solo l’1,4% nel 2023. Questa dinamica dell’inflazione è basata sul riassorbimento graduale della capacità inutilizzata nei mercati del lavoro e dei beni e servizi, in linea con il livello della ripresa della domanda complessiva e con il venire meno degli effetti avversi temporanei dal lato dell’offerta legati alla pandemia e alle misure di contenimento.
Nella nostra valutazione, la situazione complessiva nel mercato del lavoro mostra ancora un’incertezza elevata circa le prospettive occupazionali. Sebbene l’aumento della disoccupazione sia stato limitato dai cospicui interventi di bilancio in aiuto di imprese e lavoratori, il dato della disoccupazione complessiva cela, da un lato, una considerevole migrazione diretta dall’occupazione all’inattività e, dall’altro, il sostegno vitale fornito dalle ampie misure a favore dell’occupazione. Coerentemente con questo quadro, i salari dovrebbero rimanere moderati nel 2021 dato che le contrattazioni salariali sono state in larga parte posticipate.
Riguardo alle pressioni complessive dal lato della domanda, è ragionevole aspettarsi un incremento dei consumi legato a effetti di recupero, soprattutto per attività come i pasti nei ristoranti o i viaggi di piacere. Tuttavia, le famiglie potrebbero rimodulare i consumi aggiuntivi nel tempo e lo shock della pandemia potrebbe indurle ad accumulare riserve precauzionali, soprattutto nei Paesi dell’area dell’euro più colpiti. Inoltre, la distribuzione asimmetrica del risparmio nella popolazione inciderà sulla propensione ad attingere ai fondi accantonati dopo la pandemia: le famiglie nella fascia di età più elevata e più benestanti hanno risparmiato di più rispetto a quelle più giovani, ma hanno anche una minore propensione al consumo.
Passando agli investimenti, la fiducia delle imprese e le loro aspettative oltre il breve termine sono migliorate. Al tempo stesso, la persistente perdita di reddito nei settori più colpiti dalle restrizioni sociali ha indebolito i bilanci aziendali e l’incertezza sulle prospettive per i diversi settori economici resta pronunciata. Tra i fattori esterni, l’American Rescue Plan dell’amministrazione Biden avrà ricadute positive sull’area dell’euro, anche se l’effetto sul prodotto e sull’inflazione dell’area è limitato dai legami commerciali relativamente deboli con gli Stati Uniti.
In tale contesto, è fondamentale assicurare condizioni di finanziamento favorevoli per un recupero dell’inflazione. In prospettiva, è altrettanto cruciale preservare il sostegno di bilancio e calibrare adeguatamente la risposta delle politiche fiscali dell’area dell’euro in funzione dell’evolvere della pandemia e dei presupposti necessari a una forte ripresa. Anche dopo che le spinte disinflazionistiche causate dalla pandemia saranno sufficientemente compensate, l’orientamento di politica monetaria dovrà assicurare una rapida e solida convergenza dell’inflazione verso il nostro obiettivo. Il riesame della nostra strategia di politica monetaria attualmente in corso fornirà indicazioni tempestive per fronteggiare questa sfida.
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*capoeconomista e membro del comitato esecutivo della Bce
Articolo tratto da “Milano Finanza” del 08/04/2021