L’inganno dei prezzi

Una cosa è guardare i rendimenti nominali, un’altra è tener conto dell’inflazione, che nel frattempo ha eroso potere di acquisto. Nel secondo caso si ottiene un’indicazione di quanto, in realtà, si è guadagnato o perso, senza cadere nella trappola dell’illusione monetaria.

Come si evince dalla tabella in pagina, ci sono vincitori e vinti anche all’interno di segmenti di mercato che in termini nominali evidenziano generosi segni più, sempre espressi in valuta locale (gli emergenti in dollari), mangiati poi dal carovita. Tra i casi più eclatanti l’azionario dell’area euro, che nell’ultimo ventennio ha sì guadagnato mediamente l’1,2% annuo, ma in termini reali (al netto dell’inflazione) ha fatto perdere all’investitore lo 0,4% annuo.

Va, invece, preso con le pinze il rendimento reale relativo ai bond emergenti (-1%), in quanto confrontato con l’inflazione media della stessa area geografica (4,8%); se il valore lordo fosse confrontato con i prezzi al consumo dei Paesi sviluppati il dato netto sarebbe positivo, e non di poco. Mentre non è una sorpresa il risultato deludente dell’asset class Mercato Monetario Euro che sia in termini lordi sia reali ha visto un segno meno davanti; d’altronde, si tratta di uno dei pochi elementi negativi associati al Qe e alle politiche monetarie ultra-accomodanti adottate dalla Bce dopo la grande crisi finanziaria.

All’estremo opposto spiccano le performance invidiabili dell’oro, dell’immobiliare quotato, dei bond societari ad alto rendimento e in ambito azionario dei Paesi emergenti. Questi ultimi hanno restituito all’investitore, disposto a sopportarne l’alta volatilità, un ritorno medio annuo vicino al 10% lordo. Nel mercato obbligazionario non stupisce, invece, la gran volata delle obbligazioni societarie a basso rating (high yield) che già al netto dell’inflazione hanno mediamente restituito oltre il 5% all’investitore; distaccando le emissioni corporate Usa di livello investment grade, che a loro volta hanno espresso rendimenti di tutto rispetto.

Nel segmento governativo brillano i Btp italiani e i Bonos spagnoli, a scapito delle emissioni di Stato tedesche e statunitensi. Ma, come osservato da Ambrosetti Am, se si considerasse l’inflazione tedesca corrente (3%) rispetto al rendimento lordo dei bond governativi teutonici negli ultimi 5 anni (1,6%) ne scaturirebbe un rendimento (si fa per dire) netto annuo negativo pari a -1,5%. «Questo rappresenta la media di ciò che è stato, ma non ciò che sarà in quanto il rendimento atteso nei prossimi anni sarà ben lontano da quello passato», dichiara a Milano Finanza Alessandro Allegri, ad di Ambrosetti am. «Il potenziale rialzo dell’inflazione nei prossimi 3-5 anni danneggerà le performance attese di numerose asset class che riporteranno molti segni meno, soprattutto in ambito obbligazionario. Anche se nel contesto emergente le prospettive sono migliori».

La parte del leone la farà l’equity, «in grado di essere competitivo in uno scenario con un’inflazione elevata. Le nostre aspettative in questo senso per l’area euro sono pressoché allineate a quelle degli Stati Uniti, dove l’incremento del carovita non sarà così drammatico come paventato qualche mese fa», continua Allegri, riconoscendo, però, che l’area euro arriva in ritardo rispetto agli Usa, più avanti di qualche mese in termini di ripresa economica.

Entrambe le Banche centrali, Fed e Bce, si comporteranno in maniera graduale perché, spiega il top manager, «manca un tassello importante in merito alla direzione futura della crescita dei salari. Sicuramente il tapering (la riduzione degli acquisti di asset, ndr) è più vicino negli Stati Uniti, ce lo aspettiamo nella prima parte del prossimo anno, mentre la Bce interverrà con un ritardo di 3-6 mesi. In termini di asset allocation l’investitore deve accettare un maggior rischio nel portafoglio». Per Allegri, «le azioni restano la scelta vincente, a differenza delle obbligazioni su cui le prospettive sono cupe con la ripartenza del ciclo economico. Da sovrappesare le azioni delle banche, che hanno sofferto, ma sono in grado di adattarsi bene a un’inflazione in aumento. Invece, i tecnologici sono cresciuti tanto, ma offrono ancora del potenziale nel medio periodo, come il settore benessere e salute, anche se potrebbe aver già espresso buona parte del rialzo. Sotto osservazione il comparto energetico in quanto deve affrontare cambiamenti importanti, anche legati all’impiego delle risorse del NextGenEu».

Secondo Allegri, lo stesso Pnrr italiano sembra avere le carte in regola per far crescere l’Italia, «favorita perché molto competitiva, potrebbe rappresentare la vera sorpresa nell’area euro».

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Articolo tratto da “Milano Finanza” del 18/09/2021