Usa-Europa, il gap si sta allargando
di Fabrizio Pagani
Le previsioni del Fmi hanno rivisto al rialzo la crescita mondiale. Il tasso di crescita sarebbe per il 2021 attorno al 6,4%. Per l’Europa e l’Italia la stima sarebbe attorno al 4,2-4,4%. Il G20 ha sostanzialmente confermato questo senso di forte ripresa in atto, pur mettendo in guardia da ricadute. Ma si starebbero anche acuendo le divergenze e diseguaglianze all’interno delle nostre società: giovani, donne e lavoratori scarsamente specializzati e dell’economia informale sarebbero destinati a sopportare il peso maggiore della crisi. Naturalmente vi sono anche divergenze non solo tra economie avanzate e Paesi più vulnerabili, ma anche tra Europa e Stati Uniti.
La differenza nella rapidità delle campagne vaccinali tra Stati Uniti e Europa non può non riflettersi in ambito economico. Oltreoceano, gran parte delle attività sono in progressiva, rapida riapertura. Un indicatore per tutti: a partire dagli inizi di marzo il traffico aereo americano conta stabilmente oltre un milione di passeggeri al giorno. Secondo alcuni, la ripresa americana, e la divergenza dall’economia europea, sarebbe ulteriormente amplificata da uno stimolo fiscale di Washington ben più ampio del nostro.
In effetti, poderosi sono i pacchetti proposti da Biden, l’uno sull’emergenza Covid, l’altro sulle infrastrutture. Tuttavia, la comparazione con lo stimolo in Europa, a livello nazionale e dell’Unione, non è necessariamente semplice, perché contano non solo la dimensione delle manovre, ma anche il tipo di intervento, la rapidità di esborso degli aiuti e la modulazione negli anni della spesa. È pero importante capire le implicazioni di un eventuale decoupling delle due economie.
L’economia americana sta aggiungendo quasi un milione di occupati al mese. Una situazione ben diversa dalla nostra, dove non sono affatto confortanti gli ultimi dati Istat sul mercato del lavoro. Secondo alcuni osservatori, qualora i ritmi di creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti si confermassero nei prossimi mesi e la disoccupazione tornasse prossima al 4%, l’impostazione di politica monetaria della Fed dovrebbe necessariamente modificarsi per evitare un surriscaldamento dell’economia e il relativo rialzo dell’inflazione.
Probabilmente l’Europa non sarebbe ancora pronta per una stretta monetaria e subirebbe le conseguenze di quella americana. Il disallineamento nelle politiche monetarie tra Fed e Banca centrale europea avrebbe conseguenze importanti su mercato dei cambi, flussi di capitale e mercati finanziari, aumentando ulteriormente la divergenza. Il migliore antidoto a questo scenario è proprio il vaccino: se colmiamo il gap nelle campagne di vaccinazione, evitiamo il gap nella crescita economica.
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Articolo tratto da “Milano Finanza” del 10/04/2021