Pechino avrà la sua Borsa «Strumento a servizio delle Pmi innovative»
di Rita Fatiguso
La notizia non è un fulmine a ciel sereno, se si guarda ai paletti che la stessa Cina sta mettendo alla quotazione delle aziende cinesi sui listini esteri e al principio dell’autarchia, anche finanziaria, scolpito nel marmo del 14esimo piano quinquennale.
Ma l’annuncio, elemento non secondario nei riti della nomenklatura cinese, l’ha fatto il presidente Xi Jinping in persona: Pechino, la capitale cinese, avrà la sua Borsa valori, dedicata allo sviluppo delle piccole e medie imprese.
Shanghai, storico mercato dove è iniziata l’era della finanza cinese, avrà dunque un competitor in casa, oltre a Shenzhen: le due piazze peraltro dal 2015 sono collegate attraverso il meccanismo della “stock connection” a Hong Kong, l’hub finanziario della Regione amministrativa speciale già pronto a cogliere le opportunità legate allo sbarramento all’estero delle Ipo cinesi.
Il panorama si arricchisce insomma di una nuova realtà, permettendo a Hong Kong, considerata attualmente la Borsa con il potenziale più alto in Asia, di sfruttare meglio la condizione di porta di accesso degli investitori stranieri per la Cina, anche attraverso le quote di investimento crossborder fissate di volta in volta dalle autorità di Pechino.
«Continueremo a sostenere lo sviluppo guidato dall’innovazione delle piccole e medie imprese, istituendo la Borsa di Pechino come strumento al servizio di quelle orientate all’innovazione», ha detto, letteralmente, Xi Jinping.
Il presidente cinese ha anche promesso di «approfondire» le riforme nate nell’ambito del National Equities Exchange and Quotations (NEEQ), un’entità fondata nel 2006 per aiutare lo sviluppo delle start-up cinesi, che due anni fa, in occasione delle riforme varate dal Congresso nazionale del Popolo, ha iniziato a valutare le piccole e medie imprese in base alle loro prestazioni.
In futuro la Borsa di Pechino quoterà le più promettenti, aiutandole a svilupparsi ulteriormente e ad attrarre finanziamenti.
Una parte significativa delle società cinesi è quotata in Borsa, ma quella di Pechino si focalizzerà sulle entità più piccole.
La costruzione giuridica di una piazza finanziaria non è semplice, lo dimostra l’evoluzione graduale di quella di Shanghai, che negli ultimi tempi ha subìto una serie di controlli nel segmento Star, nato più di recente sull’esempio del Nasdaq, a causa di una serie di irregolarità di varia natura.
La svolta sulla nuova Borsa rappresenta una scommessa. In definitiva Pechino vuol dimostrare di poter ricavare maggiori vantaggi coltivando il mercato domestico, che – se più trasparente – potrebbe attirare molti più capitali stranieri.
Un fatto è certo: l’annuncio di ieri, molto tecnico e centrato, del presidente Xi Jinping sembra quasi la risposta a distanza alle critiche del finanziere George Soros, secondo il quale «il presidente cinese non capisce nulla di mercati di capitali».
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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 03/09/2021