Portafogli. L’Orso non molla ancora la presa sui mercati
Secondo un’indagine condotta da Plus24 tra le principali case di gestione i ribassi delle Borse non hanno ancora toccato il fondo Piani di accumulo e cedole dei BTp le possibili strategie da utilizzare
Fammi indovino e ti farò ricco. Gli antichi proverbi hanno un grande pregio: riassumere in pochissime parole quello che non si può imparare in anni trascorsi nelle sale operative delle case di investimento o nelle aule universitarie. In soldoni, nessuno può prevedere cosa accadrà in futuro e non fanno eccezione le sorti dei mercati finanziari.
Ciò non toglie che si possano comunque azzardare ipotesi su quello che potrà accadere nei prossimi mesi. Come? Seguendo le logiche che in questi giorni stanno determinando non solo le decisioni delle banche centrali in termini di politica monetaria, ma anche quelle che riguardano la sfera geopolitica, con evidente riferimento alla guerra in Ucraina.
Le attese
Nella maggior parte dei casi, chi si occupa di mercati finanziari per mestiere e non per diletto, è assolutamente convinto che la fase calante dei listini di Borsa a livello globale non sia ancora giunta al capolinea, anzi.
Sono troppi i fattori di incertezza sul campo: inflazione galoppante, guerra, rischio recessione economica, possibile flessione degli utili aziendali, aumento dei tassi di interesse, timore che le banche centrali abbiano perso di vista l’obiettivo della crescita.
Insomma, una serie di tematiche con le quali oggi bisogna fare i conti e che solo qualche mese fa erano impensabili, nella convinzione che, una volta archiviata la crisi sanitaria, il mondo si sarebbe affacciato su una nuova stagione, quella del riscatto, della rinascita, della crescita.
Ma nella vita, si sa, le cose in genere non vanno mai come ci si aspetterebbe che andassero. E i fattori sopra elencati lo confermano una volta di più e lo fanno attraverso la voce dei gestori delle principali società di gestione interpellate da Plus24 per un’indagine sul tema. Salvo qualche rara eccezione, i money manager sono tutti convinti che gli indici scenderanno ancora, al massimo l’augurio è quello di essere vicino ai minimi.
I numeri dei listini
In effetti guardando i numeri c’è poco da stare allegri. Fermo restando che sui mercati le crisi ci sono sempre state e sempre ci saranno, la sensazione è che questa volta la situazione sia più complessa delle altre, perché nata da una serie di eventi eccezionali e, soprattutto, assolutamente imprevedibili.
L’unica cosa certa, come sempre, sono soltanto i numeri. Da inizio anno l’indice Stoxx 600 ha lasciato sul terreno il 17,5% (-6,7% nell’ultimo mese); in Italia, invece, l’indice generale ha perso da gennaio il 4,5% e nell’ultimo mese il 4,6%. È andata decisamente peggio al segmento delle mid cap che negli stessi periodi si è ridimensionato rispettivamente del 24,6% e del 10 per cento.
Le cose però non sono andate molto meglio in America dove il Nasdaq e l’S&P 500 da inizio anno si sono indeboliti del 29,2% e del 21 per cento. Pollice verso anche per il Nikkei e per l’indice cinese in rosso per il 9,2% e per il 10,4% da inizio anno. Con queste variazioni simili alle temperature polari è veramente difficile fare previsioni ma non tutti la pensano allo stesso modo.
Chi dice no e chi dice si
Ecco due motivazioni che spiegano sia perché i mercati non abbiano ancora toccato il fondo, sia perché invece lo abbiano raggiunto.
Frank Di Crocco, responsabile Banks e Wealth Management di Invesco spiega perché i listini scenderanno ancora. «L’incertezza degli investitori e scenari di volatilità – dice – rimangono persistenti sui mercati. Sebbene i listini azionari e obbligazionari continuino a registrare rendimenti negativi, questa debolezza è dovuta all’incremento nei tassi, più che al deterioramento delle aspettative degli utili aziendali. I movimenti al rialzo, visti a metà maggio, dei segmenti di mercato ciclici come le azioni “value”, le piccole/medie capitalizzazioni e i mercati emergenti rispetto ai segmenti più difensivi come le azioni legate alla crescita, alle grandi capitalizzazioni e ai titoli statunitensi, fornisce un certo supporto a questa ipotesi. In altre parole, più che una “paura dell’inflazione” che si trasforma in una “paura della crescita”». In sintesi l’idea è che i mercati siano passati da un timore dell’inflazione a un declassamento delle valutazioni, «in particolare nei titoli statunitensi – conclude Di Crocco – più legati alla crescita e caratterizzati da una duration più lunga».
Più ottimista, invece, Emilio Franco, amministratore delegato di Mediobanca Sgr: «Seppur con un elevato grado di incertezza, i mercati nei mesi estivi dovrebbero stabilizzarsi per poi ripartire. La guerra Ucraina-Russia si innesta come tragico e grave elemento di disturbo in un contesto che vede tuttavia l’inflazione e il rialzo dei tassi delle banche centrali come il vero elemento di crisi per i mercati, quello obbligazionario in testa e quello azionario di riflesso. In tale ottica, alla luce del riposizionamento delle aspettative di politica monetaria da parte del mercato (mai così violento per entità e repentino per durata) riteniamo difficile per le banche centrali mostrarsi più restrittive di quanto già prezzato. La probabilità di assistere a sorprese positive, con inflazione in diminuzione e banche centrali meno aggressive, aumenterà pertanto nella seconda parte dell’anno con possibili benefici per i mercati. Da monitorare resta ovviamente il livello di frenata dell’economia mondiale che tuttavia sembra al momento in grado di evitare, a livello aggregato, la recessione». Vedremo chi ha ragione.
Intanto, però, in tale contesto gli investitori cercano di capire come scacciare l’Orso e magari anche trarre qualche vantaggio dalla situazione dei listini.
In che modo? Negli altri articoli della cover di questa settimana vi illustriamo alcune strategie utili per approcciare in questa fase i mercati azionari.
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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 25/06/2022