Ricerca, il modello Emilia-Romagna fa scuola per i fondi Pnrr
Al via alla Fiera di Bologna il salone R2B dedicato alle tecnologie innovative
Messa: «Prendiamo esempio dal sistema più avanzato di coesione»
È stato il progetto che ha ottenuto il punteggio più alto nella graduatoria del Mur, tra i 12 ecosistemi territoriali per l’innovazione finanziati in Italia grazie a 1,3 miliardi del Pnrr (misura M4C2 Investimento 1.5). E da ieri ha la forma concreta di una Fondazione che gestirà gli oltre 100 milioni di finanziamenti in arrivo e i sei filoni di ricerca tecnologica da trasferire alle imprese nei prossimi tre anni per spingere la svolta green, attraverso il gioco di squadra di 23 tra università e centri di ricerca e oltre 750 ricercatori e professionisti coinvolti. Stiamo parlando dell’Ecosistema per la transizione sostenibile dell’Emilia-Romagna, la piattaforma regionale protagonista ieri della prima giornata di R2B-Research to business, il Salone internazionale delle nuove tecnologie e delle competenze per l’innovazione, che ha aperto a Bologna la 17esima edizione.
«L’Emilia-Romagna è un modello di coesione da cui dobbiamo prendere esempio, conto molto sul vostro apporto per dare forma al nuovo panorama della ricerca e dell’innovazione che si sta delineando nel Paese con le prime misure del Pnrr Missione 4, che guarda caso ha lo stesso titolo di questo Salone: “dalla ricerca all’impresa”» afferma la ministra dell’Università e della ricerca Maria Cristina Messa, inaugurando R2B.
Al centro congressi fieristico erano riuniti ieri per la prima volta tutti assieme sia i capofila dei cinque campioni nazionali per la ricerca di frontiera (altro bando da 1,6 miliardi del Pnrr che mette a sistema 250 enti tra pubblico e privato per cooperare su cinque key enabling technologies: HPC; agritech; terapie geniche e farmaci con tecnologia Rna; mobilità sostenibile; biodiversità) sia i dieci soci degli hub & spoke dell’ecosistema emiliano-romagnolo per l’innovazione. Ossia le sei università insediate lungo la via Emilia (Bologna, Ferrara, Modena e Reggio, Parma e le sedi della Cattolica e del Politecnico Milano), il Cnr, l’Enea, l’Infn e Art-Er, la società consortile della Regione dedicata ad attrattività, ricerca e territorio.
I dieci partner ieri pomeriggio hanno firmato davanti al notaio l’atto costitutivo della Fondazione, che gestirà il progetto triennale assieme ad altri 14 centri di ricerca affiliati (Cineca, Birex, Centro ceramico, Certimac, Crpa, Democenter-Tpm, Fondazione Rei, Leap, Mist-Er, Musp, Proambiente, Romagna Tech, T3Lab e Almacube) puntando alla riconversione sostenibile dei processi produttivi e ad azioni più incisive per la tutela della salute dell’uomo e del pianeta. Coinvolgendo poi le imprese attraverso “bandi a cascata”, che dovrebbero valere almeno 28,4 milioni di euro.
«Stiamo definendo con il Mur l’entità esatta del budget e puntiamo a ottenere un finanziamento attorno ai 100-110 milioni di euro. Entro giugno ci saranno assegnate le risorse, le attività concrete partiranno in estate e si dovranno completare entro i primi mesi del 2026» precisa Giovanni Molari, rettore dell’Alma Mater, il soggetto aggregatore dell’ecosistema regionale di innovazione e tra le università fondatrici di tutti e cinque i campione nazionali di R&S. I partner lavoreranno su sei “spoke”, ossia sei programmi di ricerca, ognuno guidato da un ateneo leader, che coinvolgeranno oltre 750 professionisti tra cui 300 donne e giovani ricercatori: nuovi materiali, energie pulite e stoccaggio, manifattura sostenibile, mobilità smart, economia blu e circolare, big data per la transizione green.
La straordinarietà di queste 12 “piattaforme” nazionali per l’innovazione tecnologica, volute dal Mur per mettere a sistema atenei ed enti pubblici e fare leva su specializzazioni e vocazioni territoriali per spingere il trasferimento della ricerca applicata alle imprese è quasi normalità in Emilia-Romagna. Qui è da due decenni che accademia, centri R&S e aziende lavorano in sinergia e l’“ecosistema regionale di ricerca e innovazione” è un termine in uso da tempo per definire l’insieme degli 82 laboratori della Rete Alta Tecnologia (nata nel 2002), i 10 tecnopoli, i 75 incubatori, i 7 Clust-Er, i 22 fab-lab Mak-Er, gli ITS, sotto la regia di Art-Er. «Ma è la prima volta che possiamo mettere a frutto le nostre competenze in modo così condiviso e diffuso, con tante risorse disponibili e la possibilità di incrementare il trasferimento delle tecnologie alle imprese» sottolinea Molari.
«È proprio in virtù di questa organizzazione, governance ed eccellenza scientifica nel trasferire a valle la ricerca che ci siamo aggiudicati il punteggio più alto tra gli ecosistemi di innovazione – conclude Marina Silverii, direttore operativo di Art-Er –. Il nostro obiettivo nei prossimi 36 mesi sarà stringere e sfruttare tutte le possibili sinergie».
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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 09/06/2022