Scommessa sui mercati: tassi più alti negli Usa, ancora bassi in Europa
Il mercato sconta nei prezzi una crescita robusta in Usa e più debole in Europa.
di Morya Longo
Alla vigilia della riunione della Fed di oggi, in cui la banca centrale Usa deve dire come (e soprattutto se) intende contrastare l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato oltreoceano, i mercati hanno già fatto la loro scommessa: la Fed non farà particolari annunci, a differenza della Bce che giovedì scorso ha preso in mano il bazooka. Questa scommessa dei mercati è evidente in un dato: la differenza tra i rendimenti dei titoli di Stato decennali Usa e quelli dei Bund tedeschi è tornata per la prima volta ai livelli pre-Covid. Cioè su valori che non si vedevano dal 20 febbraio 2020: i titoli Usa rendono 1,94 punti percentuali in più dei tedeschi. Segno che il mercato sconta ormai la divergenza economica (e quindi di inflazione e di tassi) tra le due sponde dell’Atlantico: gli Stati Uniti si riprenderanno prima e meglio, l’Europa invece sarà più lenta e meno vivace. Di conseguenza la Fed tollererà rendimenti più elevati sui titoli di Stato, mentre la Bce deve ancora combattere sui mercati.
La divergenza economica
Se il Covid ha colpito tutti insieme, la sua sconfitta (dal punto di vista sanitario ed economico) non sarà altrettanto uniforme nel mondo. La prima ad uscirne è stata la Cina, ma ora tra le grandi potenze è il turno degli Stati Uniti. Grazie ai vaccini, ma anche al maxi piano di stimoli fiscali da 1.900 miliardi di dollari appena varato dal Congresso. Questo mix ha indotto l’Ocse a raddoppiare le previsioni sulla crescita degli Stati Uniti nel 2021: dal 3,5% stimato solo due mesi e mezzo fa al 6,5% attuale. E porta Erik Nielsen, chief economist di UniCredit, a prevedere che gli Stati Uniti riporteranno il Pil ai livelli pre-pandemici entro giugno.
Situazione ben diversa invece in Europa. Non solo la campagna vaccinale è più lenta, ma anche gli stimoli fiscali sono più lenti e ben più contenuti. «Sia gli Stati Uniti sia l’Europa dall’inizio della pandemia hanno varato politiche fiscali espansive – osserva Giordano Lombardo, Ceo di Plenisfer -. La differenza sta nell’importo: l’Unione europea con i 750 miliardi del Recovery Fund è decisamente più timida. Invece sarebbe proprio il Vecchio continente da avere più bisogno di stimoli, dato che l’output gap è più ampio che negli Usa».
La divergenza sui mercati
Questo doppio passo ha un effetto sulle aspettative: negli Usa non si prevede solo un ritorno alla crescita economica, ma anche dell’inflazione. Questo ha fatto salire i rendimenti dei titoli di Stato Usa di 70 punti base da inizio anno, fino a 1,59% ieri. Ma a contare sono le aspettative future sui rendimenti reali: è questa – spiega Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Am – la misura di cosa il mercato pensa che avverrà. Ebbene: negli Usa il rendimento reale a 5 anni a termine (ovvero tra il quinto ed il decimo da oggi) era a -1% a gennaio, mentre nei giorni scorsi si è quasi azzerato (ora è a -0,17%). «Si tratta di un livello ragionevole – osserva Delitala -. L’aumento dei rendimenti negli Stati Uniti non è stato irrazionale o eccessivo, ma è anzi coerente con la situazione economica».
Il problema è che ha trascinato al rialzo anche l’Europa: il rendimento dei Bund decennali è passato da -0,57% di inizio anno a -0,34% di ieri e i tassi reali futuri sono passati da -1,60% di inizio anno a -1,30% il 19 febbraio, per tornare a -1,52% ora. E qui non solo il rincaro dei tassi non è giustificato, ma è anzi dannoso: perché va a strozzare prima del dovuto il credito a famiglie e imprese.
La divergenza tra Fed e Bce
Ecco perché la Bce è intervenuta duramente settimana scorsa, annunciando un aumento «sostanziale» degli acquisti di titoli di Stato per calmare la corsa dei rendimenti. Ed ecco perché il mercato non si attende molto dalla Fed oggi: oltreoceano l’aumento dei rendimenti dei Treasuries è stato coerente con la realtà economica. Il mercato sembra avere digerito l’idea, tanto che anche ieri le Borse sono rimaste positive. Al massimo la Fed potrebbe prolungare una norma istituita ad aprile, che permette alle banche di non considerare i titoli di Stato Usa nel calcolo del rapporto tra capitale Tier 1 e attivi totali. Un modo per permettere alle banche di comprare Treasuries senza conseguenze.
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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 17/03/2021