Un anno di Covid, cambiano le regole del gioco sui mercati

Dalla politica monetaria a quella fiscale il quadro di riferimento è mutato. Resta l’incognita su come gestire il debito.

di Andrea Gennai

Un anno vissuto pericolosamente, che ha lasciato un segno indelebile anche sui mercati finanziari. Un anno fa (era il 21 febbraio) veniva riscontrato il primo caso diCovid-19 in Italia e anche per l’occidente si apriva l’incubo della pandemia.
Politica monetaria
Il primo fattore determinante è stato il massiccio intervento delle banche centrali, anche con misure non convenzionali. Un sostegno fondamentale per evitare che il sistema economico deragliasse. «Nel corso del 2020 – spiega Luca Tobagi, investment strategist di Invesco – la Fed, nell’ambito dei suoi piani di sostegno, ha cominciato anche a prendere in considerazione stimoli mirati per piccole e medie imprese. Interventi precisi per consentire alla Pmi di avere accesso a finanziamenti e liquidità, senza che il credito si bloccasse. La Bce è intervenuta su più piani anche con il Pepp, un cambiamento importante rispetto ai suoi standard. Prima Francoforte aveva agito con paletti significativi a partire dal capital key, ovvero con i titoli acquistati in proporzione al contributo di ciascun paese al capitale della Bce. Nel Pepp tale limite non c’è, e neppure un vincolo di acquisti mensile. Siamo arrivati a 1.850 miliardi di euro e a un piano con una durata estesa al 2022 e flessibilità sul timing degli acquisti».
Anche Pasquale Diana, senior macro economist di AcomeA, sottolinea che «l’espansione dei bilanci delle banche centrali è stata senza precedenti, non solo per quanto riguarda la Fed ma anche la Bce. Anche la composizione dello stimolo monetario è stata importante: negli Usa Treasury e Mbs (titoli cartolarizzati, ndr), mentre nella zona euro ha avuto un peso rilevante anche l’iniezione di liquidità nel settore bancario (Ltro). La politica monetaria ha creato un contesto favorevole a un utilizzo imponente della leva fiscale nei paesi sviluppati».
Politica fiscale
Nel corso del 2020 quello che è veramente cambiato è stato l’atteggiamento della politica fiscale con i maxi stimoli approvati dal Congresso Usa ma soprattutto con il piano Next generation Eu (Recovery Fund), una novità assoluta nel panorama del Vecchio Continente. «Ci sono ancora molti interrogativi – continua Tobagi – ma il piano c’è e avrà una sua ricaduta. La prima reazione comune importante seria da parte della Ue in ambito di stimolo fiscale. Non solo è stata abbandonata la retorica di austerità, ma c’è un passaggio storico: l’emissione di titoli comuni della Commissione. Non è escluso che in futuro la Bce possa comprare questi titoli. I bond comuni vanno alla fine rimborsati e quindi saranno gli stessi Stati a dover agire a scadenza contribuendo proquota. Ma la politica monetaria della Bce probabilmente si dovrà adeguare allo scenario in cui sostiene un nuovo contesto di politica fiscale».
Inflazione e debito
Infine si ricomincia a parlare di inflazione. Gli esperti sono prudenti su questo tema. Non paventano un rischio fuori controllo al momento e indicano in una moderata ripresa dell’inflazione una strada virtuosa per contenere l’esplosione del debito post pandemia «Al momento – aggiunge Tobagi – non vedo il pericolo di una fiammata inflativa, soprattutto in Europa. I mercati obbligazionari stanno prezzando queste prospettive di inflazione in maniera importante. Siamo ancora in una fase di rialzo benigno con il quadro macro che è destinato a migliorare. Un po’ di inflazione farebbe bene in un mondo pieno di debito. I rapporti debito/Pil sono schizzati in alto e prima o poi dovranno essere affrontati. Il ritorno ai paletti di bilancio aprirà discussioni aspre. O il debito lo si riduce con l’austerità, oppure se ne riduce il valore reale con l’inflazione. Non penso che il mondo sia a rischio crisi di debito, ma il debito è rilevante e a mio avviso la strada di una moderata inflazione è quella più auspicabile».
Anche Diana, per quanto riguarda il debito, ritiene «che le banche centrali cercheranno di tenere sotto controllo i costi di finanziamento almeno per parecchio tempo. Fatto questo, se ci si trova in una fase ciclica di ripresa, il peso reale del debito sul Pil inizia a scendere. Il problema si verificherebbe qualora i rischi di inflazione fuori controllo obbligassero le banche centrali a scegliere tra tenuta del debito (e quindi stabilità finanziaria) e controllo dell’inflazione. Ma, come detto, un’inflazione fuori controllo non è lo scenario che ritengo più probabile».

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Andrea Gennai

Fonte

Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 27/02/2021