«La strada è quella giusta, ma sulla finanza verde vedo un rischio bolla»

L’INTERVISTA. NINO TRONCHETTI PROVERA. FOUNDER E MANAGING PARTNER DI AMBIENTA

«I green bond europei sono un passo nella giusta direzione perché con la tassonomia si inizia a lavorare sulle regole del settore. L’Europa ha un primato evidente, è il continente più sostenibile al mondo, dobbiamo, però, pensare che è un percorso lunghissimo. Spesso peraltro si è fatto un uso errato del denaro pubblico a fini ambientali, in questo senso il Green Deal è il miglior esercizio che ho visto fare. Importantissimo sarà, comunque, il controllo ex post di come vengono usati i capitali raccolti per tali progetti ambientali. Fino a oggi infatti il legame fra i green bond e gli investimenti sostenibili è molto opaco». Nino Tronchetti Provera, founder e managing partner di Ambienta, ritiene che sul tema della sostenibilità ambientale l’Europa si stia muovendo nella giusta direzione. Anche perché il tema degli investimenti green sta diventando sempre più centrale per tutte le asset class di investimento.

«A livello globale c’è un grande interesse degli investitori per gli asset legati alla transizione sostenibile, anche perché si è compreso ormai che si tratta di un fenomeno industriale profondo e non reversibile. Proprio a causa di questa domanda, però, esiste oggi una bolla del green, paragonabile a quella del tech di inizio 2000» sottolinea Tronchetti Provera, che aggiunge: «Ambienta ha costituito un fondo long-short che oggi supera i 600 milioni di dollari, anche per assumere posizioni brevi su asset che crediamo abbiano valutazioni non corrispondenti al sottostante. Il mercato, infatti, sta premiando società che si rendono appetibili attraverso un green-washing, ma noi, che abbiamo le competenze per valutarle, le vendiamo allo scoperto. Nel digital è successa la stessa cosa, ma poi gli investitori hanno fatto chiarezza».

La dimostrazione di un inizio di selezione negli investimenti green si ha con l’analisi dello S&P Global Clean energy index, che dopo aver raggiunto il massimo degli ultimi 10 anni a gennaio 2021, viaggia ora ai livelli di un anno fa. «Due numeri possono chiarire questa evoluzione. Il Clean energy index nel corso del 2021 ha registrato rendimenti negativi per il 25%. Al contrario se guardiamo al portafoglio Ambienta dedicato alla sostenibilità nel suo complesso abbiamo un rendimento del +20% sulla parte long. Esiste un’economia reale che sta andando in una certa direzione, poi esiste la necessità di un’educazione sui mercati che possa permettere di fare i dovuti distinguo» sottolinea il managing partner di Ambienta.

Dai corsi di Borsa all’economia reale. Il comparto sta reagendo alla crisi seguita alla pandemia e questo è testimoniato dai conti economici delle singole imprese. «Ambienta nel private equity ha un portafoglio di 12 aziende piattaforma, che contano nel complesso più di 50 fabbriche, 3500 persone e sfiorano il miliardo di fatturato. Un portafoglio che rappresenta un mix di attività industriali e che nel 2020 ha registrato una flessione di meno del 3% dei volumi d’affari, nonostante un terzo delle fabbriche siano state chiuse per la pandemia per diverse settimane. Alla fine del 2021 rispetto a fine 2019, la redditività lorda del nostro portafoglio sarà cresciuta di oltre il 15%. La pandemia non ha avuto impatti negativi sulle società in cui abbiamo investito, perché il trend della sostenibilità riesce a superare anche gli effetti della crisi post Covid».

Il private equity ha il potenziale per avere un impatto significativo in questo settore, dove oggi si contano asset in gestione triplicati tra 2010 e 2020 e si prevede un ulteriore raddoppio entro il 2025, superando i 9 mila miliardi di dollari previsti entro il 2025, secondo Prequin. «Attualmente Ambienta ha 2 miliardi di asset gestiti e intende raddoppiarli nel prossimo triennio. In occasione della nostra ultima raccolta abbiamo avuto sottoscrizioni per 6 volte, la prossima ci attendiamo di avere richieste per 10 volte la raccolta che lanceremo. C’è una domanda latente che non trova prodotti in cui investire. Noi però abbiamo bisogno di tempo, perché nell’asset management per crescere devi avere dei talenti e per trovarli e formarli adeguatamente è necessario impiegare tempo e risorse».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Fonte

Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 13/10/2021