Boom del credito diretto da fondi In Europa crescita del 37% l’anno

Prestiti flessibili a medie imprese, ma qualcuno vede eccessi e rischi crescenti.

di Morya Longo

Facciano fusioni, fortifichino le loro fondamenta. Nonostante gli sforzi, però, le banche europee dal 2008 (con l’eccezione solo del 2020) hanno ridotto il credito alle aziende anche per via della sempre più stringente regolamentazione: secondo i calcoli di BlackRock, il credito totale in Europa in un decennio è calato di 3mila miliardi di euro. Dato parzialmente gonfiato dalle cartolarizzazioni (che riducono i bilanci bancari ma non il credito effettivo), ma comunque significativo: le banche – in un mondo regolamentare nuovo – non sono più quelle di una volta. Fusioni o non fusioni. È per questa ritirata (che secondo alcuni continuerà e secondo altri no) che sul mercato si sono creati ampi spazi per il credito “alternativo”: minibond, Direct lending, Leveraged loans, fintech e tanto altro. Credito necessario per sostenere l’economia. Credito, però, che in alcuni casi secondo alcuni osservatori inizia ad avere tinte un po’ troppo speculative.

Tra i tanti settori “alternativi” cresciuti molto nell’ultimo decennio c’è quello del «direct lending»: credito erogato alle imprese direttamente da fondi. Si tratta di un mercato ancora piccolo ma che si espande molto in fretta: secondo i dati di BlackRock, dal 2013 la crescita media annua del credito erogato da questi fondi alle imprese europee è stata del 37% annuo, arrivando a 45 miliardi nel 2019. Prestiti concentrati soprattutto su un segmento molto specifico: quello delle medie imprese, con necessità finanziarie fino a 300 milioni. «Siamo convinti che il Direct lending possa arrivare ad erogare in Europa 100 miliardi di prestiti all’anno – osserva Stephan Caron, Head of European private debt di BlackRock alternative investors -. In Germania questo tipo di credito alternativo è arrivato ad avere una quota di mercato del 59% nel 2020 nel segmento delle medie imprese. In Italia siamo ancora tra il 10 e il 20%». Dato che il Direct lending aiuta le imprese nelle fusioni e negli investimenti, «questo mercato sarà fondamentale per sostenere la ripartenza dell’Europa».

Il punto è capire se questo settore, come quello speculativo dei «leveraged loans», adotti sempre comportamenti sani o a volte un po’ troppo aggressivi. Perché il Direct lending è necessario, purché non diventi esso stesso fonte di rischi sistemici. I rischi derivano proprio dal fatto che, in un contesto di tassi bassi, la competizione può portare a comportamenti eccessivi. Non la pensa così Rafael Calvo, managing partner di MV Credit, affiliata di Natixis IM: «I fondi di direct lending investono i soldi dei propri clienti, non quelli dei depositanti come nel caso delle banche. Inoltre hanno molta meno leva. E si finanziano a lungo per erogare crediti a lungo termine, a differenza delle banche che hanno uno sfasamento tra attivi e passivi».

Ma non tutti sono tranquilli. Patrick Marshall, Head of Private Debt di Federated Hermes, ha l’opinione opposta: «Per conquistare quote di mercato, i fondi di Direct lending offrono condizioni sempre più aggressive alle imprese – osserva -. Ora non si vedono i problemi perché la liquidità è abbondante e i tassi bassi, ma se il contesto cambiasse ci potrebbero essere conseguenze. Questo è un mercato dove bisogna essere disciplinati nel se lezionare le aziende da finanziare».

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Fonte

Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 13/05/2021