Sui mercati si sente l’effetto Quirinale: lo spread cala a 135

I Bund tornano sopra zero, a Piazza Affari bene banche e finanziari

La settimana è partita bene per Piazza Affari, che ha beneficiato della rielezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica e, indirettamente, della permanenza di Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio.

L’effetto positivo si è visto sullo spread, che si è ristretto a 135,7 punti base a fronte di un generale rialzo dei rendimenti obbligazionari. Il tasso a scadenza del BTp a dieci anni, infatti, è salito di qualche centesimo a 1,36% ma quello del Bund decennale è aumentato di più, in proporzione, e ha chiuso sopra lo zero per la prima volta dal maggio del 2020, a 0,011%.

Di recente il differenziale di rendimento tra BTp e Bund si era allargato sopra i 140 punti base proprio per l’incertezza legata all’esito delle presidenziali e gli investitori si stavano mettendo al riparo contro i rischi di esiti estremi conseguenti al voto, come evidenzia l’incremento delle coperture attraverso i future sui BTp.

Ora, però, il premio pagato dai titoli di Stato italiani potrebbe ulteriormente ridursi. Secondo Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, lo scenario di maggiore certezza sul fronte politico potrebbe riportare gradualmente lo spread tra i 100 e i 120 punti base, grazie alla chiusura di tali posizioni cautelative sul mercato dei derivati. Viceversa, una discesa ulteriore al di sotto dei 100 punti base sarebbe meno probabile, in vista della riduzione degli stimoli monetari eccezionali della Banca centrale europea prevista per il secondo e per il terzo trimestre di quest’anno.

La riduzione dello spread, insieme al rialzo dei rendimenti, ha avuto a sua volta un impatto favorevole sulle azioni del settore finanziario. Il Ftse Italia Banche ha guadagnato l’1,33%, più dello 0,9% dei titoli del Ftse Mib e contro lo 0,17% del comparto bancario europeo.

Il connubio virtuoso tra spread, banche e Pil del quarto trimestre 2021 superiore alle attese (+0,6% sul terzo trimestre e +6,5% su base annua) ha avvantaggiato la Borsa milanese in generale, che ha tamponato la perdita da inizio anno a -1,9%. Solo il tonfo di Saipem (-30%) ha acceso la spia di uno scenario complesso, fatto di crescita in rallentamento dai balzi dei mesi scorsi, di inflazione sostenuta e di drenaggio di liquidità da parte delle banche centrali. Saipem, infatti, ha lanciato un allarme profitti a causa della contrazione dei margini, mangiati da meno ricavi e costi galoppanti delle materie prime.

Il quadro incerto fa da sfondo a un gennaio pesante per molti listini azionari. In Europa, il saldo dell’Eurostoxx è negativo del 3,9%, quello del Cac 40 di Parigi del 2,15%, quello del Dax di Francoforte del 2,6%. Ieri i prezzi tedeschi sono risultati in aumento più delle previsioni a +4,9%, per via dei rincari energetici. Il Pil, invece, è sceso più delle stime (-0,7% destagionalizzato, contro un consenso a -0,3%). A Wall Street il Nasdaq chiude il primo mese dell’anno a -10% e l’S&P500 a -7%.

Sulla volatilità e sull’avversione al rischio aleggia la svolta delle banche centrali. La Federal Reserve ha annunciato il rialzo dei tassi, oltre che la fine degli stimoli monetari eccezionali e il ritiro di liquidità dal sistema. Gli operatori iniziano a prezzare un rialzo di 50 punti base già a marzo e pure un intervento della Banca centrale europea entro l’estate. Giovedì 3 febbraio ci sarà la riunione della Bce, seguita dalla consueta conferenza stampa della Presidente Christine Lagarde, attesa per trovare nelle sue parole riferimenti alle discussioni del comitato monetario.

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Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” del 01/02/2022